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I timori di un cavaliere. BG Torneo Miniacs

  • Piumotto
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04/09/2021 21:53 - 04/09/2021 21:59 #135632 da Piumotto
I timori di un cavaliere. BG Torneo Miniacs è stato creato da Piumotto
Buonasera a tutti!

Vi scrivo il BG che mi ha permesso di vincere il premio armata caratteristica.
Ne approfitto per ringraziare tutte le figure che hanno reso possibile questa iniziativa e tutti coloro che hanno partecipato!

Lista:
Sulladan
7 haradrim riders (4 con lancia, 3 con arco [di cui uno il protagonista del BG :P ])
9 haradrim warriors (5 con lancia, 4 con arco)

Raza
3 karna
3 mercanti
6 serpent guard

Shadow Lord
6 black numenoreans
6 morannon orcs con lancia e scudo
2 wargriders (1 con giavellotto)

BG:

Sabbia. Fin dove l’occhio si perde. L’infinito mare di dune d’oro riviveva chiaramente nei ricordi del solitario cavaliere.
Per quattro settimane aveva cavalcato sotto un sole cocente. Per quattro settimane si era spinto nel più profondo deserto, secondo il volere del suo signore. Lo aveva incaricato di un compito gravoso: messaggero di morte, aveva portato parole di guerra e vendetta, di sangue e conquista. Per quattro settimane si era inoltrato nelle regioni più profonde dell’Harad per incontrare tribù più lontane, che seppur vicine per distanza avevano usanze e modi così distanti dai suoi.
Veniva a chiedere aiuto alle popolazioni nomadi del deserto. Spronava a riprendere le armi, il tempo della grande battaglia era giunto. Il vecchio nemico sarebbe definitivamente caduto. Gondor era debole e un immenso esercito, mai visto prima, si stava radunando.
Così il suo signore gli aveva ordinato, di andare alla ricerca di alleati tra i lontani cugini per spronarli alla volta dì Mordor. Da lì Sauron, il terribile alleato del suo signore, avrebbe lanciato l’offensiva verso i discendenti di Numenor.
Solo quel nome lo faceva rabbrividire. Lunghi anni erano trascorsi da che Ar-Pharazôn aveva portato morte sulle coste dell’Harad, ma un odio coltivato e tramandato di generazione in generazione è difficile da estorcere. Lo stesso cavaliere, pur non conoscendo molto di quelle lontane gesta, era stato indottrinato a provare rancore verso la discendenza di Elros.
Più volte si era chiesto quanto davvero quegli uomini con armature così diverse, con vessilli di ben altri colori, dalle usanze così strane, fossero così perfidi e meschini come gli avevano sempre ribadito.
Pensieri questi che però allontanava quanto più velocemente poteva. Pensieri sovversivi, di dubbio, in un mondo in cui l’amico più caro può pugnalarti alle spalle, in cui il più forte sopravvive, pensieri del genere erano fortemente pericolosi. Il suo signore non tollerava la titubanza e, seppur esitante, il cavaliere preferiva la tranquillità dell’obbedienza al rischio della dissidenza.
Il viaggio era ormai finito. Cavalcava fiero a fianco del suo signore, il serpente nero. La ricerca non era stata fruttuosa come sperava. Aveva ottenuto qualche consenso ma più che fatti si era guadagnato delle promesse.
Spaventassimo dalla possibile reazione del re, era rimasto basito quando egli non lo aveva castigato per non aver portato nulla di certo, ma anzi gli aveva offerto la possibilità di cavalcare tra i suoi ranghi, per servire con la vita il proprio re.
Solo qualche giorno più tardi aveva intuito il motivo di tanta misericordia. Altri rinforzi erano giunti da amici ben più vicini. L’Hasharin Râza, uno dei servitori più fedeli del Re serpente, era tornato vittorioso dal suo viaggio. Lo accompagnavano infatti le migliori truppe che si potessero sperare: le guardie d'élite del sovrano, guerrieri temutissimi per capacità di maneggiare la lancia con cui andavano in battaglia. I mercanti di Abrakhân, individui meschini, tanto rozzi quanto possenti, pronti a vendersi al miglior offerente. Il cavaliere si era soffermato nel chiedersi come l’Hasharin li avesse convinti, quanto denaro o quanti cadaveri avesse dovuto seminare.
In ultimi si aggiungevano i terribili guardiani di Karna. Abilissimi spadaccini di una città ormai in decadenza. Voci di spettri e altre orride creature giungevano da quelle rovine, il cui solo pensiero creava al cavaliere un lungo brivido gelato lungo la schiena. Eppure quegli individui, così freddi e schivi, non sembravano temere nulla, men che meno la morte.
Marciavano quindi tutti insieme, genti di diverse tribù, cavalieri e fanteria, combattenti di bassa leva e abili guerrieri. Tutti uniti, tutti uguali. Tutti verso la guerra.
Il signore oscuro li aveva richiamati, li voleva al suo cospetto. Una grande battaglia era stata preannunciata, la possibilità della vendetta finale, della restituzioni di antiche ingiurie sempre vive nel ricordo tramandato di quelle popolazioni. Ecco che una lunga processione quindi, così abituata al sole cocente del deserto, si muoveva verso nord, come un lungo serpente che, dopo essersi riscaldato al sole, si appresta a muovere verso la preda per sferrare il suo mortale attacco. Avvolto nei ricordi del caldo deserto, di una casa ormai lontana, di una famiglia in attesa del suo ritorno, il cavaliere non si accorse di come la temperatura fosse calata bruscamente. Quello che lo ridestò fu il nitrire nervoso del suo grigio cavallo. Quasi imbizzarrito, riuscì a malapena a serrare le briglie e mantenere la calma. Volgendosi di scatto, vide che quasi tutto il restante degli uomini, che lo accompagnavano ormai da svariati giorni e che quindi poteva considerare veri e propri
compagni, si era agitato e si guardava intorno attonito e sconcertato. Si era diffusa una sottile paura, fredda come il giacchio, una morsa che attanagliava il cuore e che non sapeva spiegare. Solo i guerrieri di Karna erano rimasti saldi ai loro posti, pronti a un qualsiasi attacco, come se la loro anima non potesse ghiacciarsi più di quanto non fosse già. Con loro a vigilare stavano i due comandati, Suladan, forse pensò il cavaliere, più per necessità che per vera virtù, e Râza, la cui fama lo anticipava. Una fama ti piena dedizione verso il suo re, tanto da porre in secondo piano la propria vita pur di soddisfare i comandi del Lord serpente.
Il respiro di faceva denso e faticoso. Il deserto era oramai sparito, la tanto amata sabbia rovente e la luce accecante avevano fatto spazio a una massa scusa, più nera della notte profonda, tetra e terrificante.
Nulla era possibile scorgere se non qualche sagoma e un sibilo. Un terribile fischio sottile giungeva alle loro orecchie. In qualche modo, seppure per ora inascoltabile, sembrava però avesse un senso, come se fossero parole. Parole di benvenuto.
Poco alla volta l’ombra avanzava e quando fu giunta ad una sufficiente distanza il cavaliere potè scoprire i diversi contorni di quelle figure.
Uomini tetri, alti, neri, corrotti. Sembravano le dita di una mano cadaverica che si stende per afferrare il cuore del guerriero più impavido.
Dietro di loro, accompagnati da un fetore tremendo, quasi a voler enfatizzare la mortifera mano che cala sull’ignaro avversario, li riconobbe subito: orchi.
Di orchi il cavaliere ne aveva già visti e ne conosceva la bruttezza, le scorrerie, le violenza e i modi di fare. Alcuni erano perfino a cavallo di quei terribili lupi così voraci tano quanto i loro cavalieri. Anche la stazza e la goffaggine degli orchi erano ben distinte nella mente dell’haradrim, ma la maggior parte di questi non li aveva mai visti. Erano guerrieri alti, forti, ricoperti di spesse armature e scudi. Sembravano pronti a uccidere alla prima occasione, non necessariamente il proprio nemico. Ebbe un sussulto.
Quello che però lo terrorizzò di più fu la vista del cavaliere nero. Non ne aveva mai visto uno, ma sapeva esattamente chi o cosa fosse. Uno degli emissari del signore oscuro, uno dei suoi seguaci più servili, uno degli assassini più spietati, capace di magie oscure e letali. Uno dei nove. Terrorizzato rimase impietrito a guardarlo avanzare verso il re serpente.
Un timore lo investi in pieno. Era finita, li avevano condotti nelle terre di Mordor per ucciderli, per offrirli in sacrificio durante qualche oscuro rituale. Già ritornava a pensare alla sua casa per l’ultima volta, al caldo deserto e al freddo che provava infondo al cuore. Si accorse però che quell’entità non era ostile, anzi sembrava compiaciuta dell’arrivo dei sudroni.
Tendendo l’orecchio, riuscì a percepire che il sibilo che prima sentiva, ora era diventato più chiaro e comprensibile, come se fosse una voce stridula. Queste le parole che riuscì a percepire.
“Una grande battaglia è in arrivo. Vendetta. Gondor cadrà. Morte. L’ovest cadrà. Il re serpete siederà sul trono dei nemici. Morte.”
Dopodiché il cavaliere nero e la sua schiera si voltarono e iniziarono a marciare a file serrate verso ovest. Una scintilla brillò negli occhi del re dell’Harad. Spronò il cavallo e partì fiero al galoppo, alla testa del suo seguito, un serpente di uomini che avanzavano sospinti da sogni di gloria. “Come siamo finiti a tutto ciò? Partire verso la morte in terre così lontane, nel cuore di un regno che non ho mai visitato.”
Subito scostando queste inquietudini, volse un ultimo sguardo a sud. Le calde sabbie erano là da qualche parte, ormai così lontane. “Chissà se mai un giorno le rivedrò ancora”.


Allego una foto con l'armata e i fantastici premi ricevuti!

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Ultima Modifica 04/09/2021 21:59 da Piumotto.

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  • ALBIONE
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  • Generale del Male
  • Generale del Male
  • Cavaliere d'Argento
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10/09/2021 22:54 #135702 da ALBIONE
Risposta da ALBIONE al topic I timori di un cavaliere. BG Torneo Miniacs
Di certo questo BG avrà notevolemente contribuito alla vittoria: scrivi bene!

POTERE HOBBIT!

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