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Una scala nel buio versione completa e corretta

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17 Feb 2016 14:05 - 17 Feb 2016 21:36 #106621 by Turin
Ciao ragazzi,

Come alcuni di voi sanno, il mio racconto per il contest era rimasto tronco e decisamente affrettato. La causa di ciò è stata la contemporaneità tra il contest e la mia tesi :S
In ogni caso ecco la versione rivista e completa ;) ovviamente fuori concorso.
Vi premetto che non si tratta di una lettura veloce :lol:

Una scala nel buio

Il fumo mi avvolgeva e circondava, coprendo i miei occhi di lacrime. Tutt’attorno solo la distruzione.
Mi sedetti su una roccia, spossato. Le braccia erano un intricato mosaico di lividi e dolore che si estendeva dal polso fino alle spalle. Già sapevo che era solo il preludio del prezzo del mio risveglio muscolare, della mia uscita dalla trance della battaglia. Già…e che battaglia!.
Due giorni prima un paio d’esploratori avevano ucciso un messaggero orco recante una preziosa notizia: un nutrito distaccamento, forte di 2000 orchi, pianificava delle scorribande lungo la frontiera dell’Eregion.
Ma non era la notizia dell’armata nemica che destò il mio interesse, bensì la firma ai piedi del messaggio: Tharparon, il Necromante.
Finalmente, dopo quasi un anno di caccia, scovavo la mia preda, proprio nel mezzo della guerra.
Diedi immediate disposizioni per raggiungere quanto prima il contingente orchesco e distruggerlo.
La marcia durò circa tre giorni. Al quarto, gli esploratori riferirono d’aver avvistato l’accampamento nemico; così pianificammo l’attacco.
La mancanza di pioggia nei giorni passati aveva trasformato il manto erboso del campo nemico in un’infida trappola da ardere.
Il piano era semplice ed efficace: innanzitutto accecammo i loro occhi, uccidendo ogni sentinella del perimetro. Fatto ciò, inondammo il loro accampamento di frecce infuocate che allegramente si sposarono con il suolo secco, gettando gli orchi in totale confusione.
Infine li aspettammo. I primi orchi che uscirono soli allo scoperto, vennero immediatamente abbattuti dai nostri arcieri. I successivi si fecero più furbi.
Il portone si spalancò. Dall’interno del campo emersero emergere quattro immonde figure: troll di Mordor ricoperti di malvagio acciaio e armati di grosse mazze. Essi erano subito seguiti da centinaia d’orchi.
La mossa era stata prevista: un’intera divisione d’archi era posizionata di fronte al portone, supportata da due divisioni di lancieri. Tre troll furono abbattuti dagli archi e l’ultimo morì impalato sulle nostre lance.
Gli orchi arrivarono comunque a contatto delle nostre prime file senza subire più alcun tiro.
Quando velocemente calcolai che circa 1500 orchi si trovavano fuori dal campo, feci scattare la trappola.
Due divisioni di cavalleria pesante, il fiore di Numenor, attaccarono i due fianchi, travolgendo centinaia di immonde creature nella carica. Gli orchi avrebbero presto rotto le file, se non fossero a sorpresa giunti dei cavalcawarg sul lato destro, minacciando l’annientamento della nostra cavalleria su quel fronte.
Individuato il pericolo, chiamai la mia guardia e irruppi nella battaglia con una fragorosa carica.
Gli orchi ci superavano in numero di 3 a 1, ma a nulla valse tale squilibrio contro la leggendaria forza dei figli di Numenor. Le loro spade rimbalzavano sulle nostre corazze, mentre i nostri guerrieri sovrastavano di tutta la testa i loro esemplari più grossi.
Gli orchetti vennero presto sopraffatti e ricacciati nel fetido campo da cui erano usciti.
Da lì la battaglia finì e iniziò il sistematico massacro dei vili codardi del male.
L’orco che poco prima avevo ucciso, mi aveva fatto riemergere da questo onirico viaggio di sangue.
Stavo per riacquistare la mia totale lucidità quando vidi una tenda a pochi passi da me. Essa si ergeva gigantesca e sublime: il manto di color beige era percorso lungo gli angoli da ricamate strisce color porpora, che leste correvano fino alla cima. Al centro della stoffa un terribile e perfetto occhio rosso dominava la scena.
Non era certo la tenda di un fetido orco o il buco di qualche vagabondo; la mente che l’aveva richiesta doveva possedere un senso di bellezza estraneo agli orchi. Eppure tale bellezza non era benigna. Era intrisa di un male corruttore, una forza terribile che attraeva lo sguardo ma celava il fine di strapparti la vita dagl’occhi.
Mi misi a correre verso l’entrata, pur sapendo che il suo proprietario non poteva essere ancora lì presente.
Non era consuetudine del male aver cura dei sottoposti, tanto più se erano orchi.
Mi avvicinai all’entrata, cauto e ad arma in pugno, poiché il mio sesto senso era allarmato.
Mi buttai rotolando su me stesso nella tenda. Mi rialzai e sfoderando il mio pugnale da lancio, lo conficcai nella gola della prima guardia. La seconda, dopo qualche istante di paura, calò la sua scure sul mio petto. Ma fui troppo rapido per il colpo. Con un balzo mi spostai di lato e dopo aver sbilanciato l’orco con una spazzata, gli mozzai la testa prima ancora che potesse cadere a terra.
E lì un dolore mi fulminò costringendomi in ginocchio a terra.
La mia schiena, dopo 250 anni di battaglie, aveva da poco tempo iniziato a protestare. Sui primi anni, i dolori erano parsi piccoli ed insignificanti, ma dopo un paio di decenni si erano fatti sempre più presenti e forti, eterno ricordo del mio declino.
Ma questa piaga non mi avrebbe piegato: io sono Tilgor, principe numenoreano, governatore di Titandir, gemma del sud della terra di mezzo, campione indiscusso del mio popolo e prima spada della terra di mezzo. Nessuno mi avrebbe piegato al suo volere, se non Ilu al momento del dono.
Prima d’allora non sarebbe certo stato uno stupido mal di schiena a fermarmi.
Mi rialzai col petto gonfio d’orgoglio e forza. Per un momento osservai il mio avambraccio colmo di lurido sangue orchesco. Con una smorfia di disgusto mi apprestai a rimuovere quell’indegna sporcizia, quando mi colse di sorpresa una risata agghiacciante.
“Ahahahaha Ti saluto o’ valoroso Tilgor! Dimmi è dura invecchiare?”
Mi girai di scatto. Un imponente figura dominava ora la stanza. Il suo possente corpo era coperto di un crudele acciaio, ammantato di una veste viola, che rifletteva inquietanti ombre scure.
Infine avevo trovato il mio nemico.
“Salute a te, infido traditore, piaga della terra e spergiuro della terra del Dono”.
“Tu mi accusi di spergiuro governatore eppure nulla sai di chi t’affronta”
“Non ho necessità di conoscere il passato di un traditore del mio popolo, l’unica cosa di cui abbisogno è l’aver raccolto la tua sciocca sfida”.
“Sciocca dici! L’unica stoltezza è quella di coloro che ancor ti temono per ciò che eri capitano. Io ti sfido per ciò che sei.” Il suo sguardo i fece tagliente “Un vecchio guerriero, pieno d’affanni che rincorre la sua gioventù”.
Sguainai la spada e lo caricai con forza, ma egli fu lesto a parar il mio colpo e ci trovammo faccia a faccia:
“Che succede capitano? La tua rapidità si è persa?”.
“Fai bene ad utilizzare la lingua, finchè ne conservi una” mi allontanai per affondare di nuovo, ma il mio colpo fu previsto. Il numenoreano nero si spostò di lato, lasciando passare l’affondo sull’esterno della spada. Mentre mi trovavo sbilanciato, un pugno ferrato raggiunse il mio naso, frantumandolo.
“AHAHAH il grande Tilgor, colui che stese un vagabondo a mani nude, si piega davanti al mio pugno! Davanti al pugno di Sauron” e mentre mi girava intorno con passo felino, intravidi un bagliore dalla sua mano.
Egli mi apostofò: “è facile, Ammiraglio, confrontare la propria forza con un pugno d’orchi”.
Era vero. Per la prima volta in tutta la mia vita, mi trovavo davanti un uomo che mi eguagliava. Rialzandomi in piedi notai che eravamo di pari altezza, quasi 7 piedi, con una corporatura molto simile.
Ma se io iniziavo ad incurvirmi, il mio avversario al contrario fioriva ritto e terribile, portatore di morte fulminante e furia cieca. Decisi di risparmiare il fiato per lo scontro; così, senza più rispondere, mi avventai sul mio nemico.
Uno scambio tremendo di colpi si susseguì per un tempo infinito. In guerra era sempre così: le battaglie duravano giorni e a loro passare si scopriva d’aver perduto solo poche ore.
Infine un grosso affondo dall’alto mi fece inginocchiare al suolo e un calcio fece rotolare in aria la mia spada. La sua lama si allineò al mio collo.
“Comandante, lei mi delude. Il Fiore di Numenor dicevano. Tulkas reincarnato, Bene è ora che tutta Numenor sappia che solo i veri Numenoreani possono rappresentarla al meglio e che l’unica incarnazione di potenza è quella del dio Morgoth!!” senza staccare mai gli occhi da me affondò la lama di lato, lontano dal mio viso, travolgendomi con un possente gomito d’acciaio.
Poco prima che il buio mi prendesse mi afferrò per il collo e mi sussurrò all’orecchio “La maledizione di Ilu è già su di te comandante, ormai sei solo un vecchio in cerca di ricordi gloriosi, addio stolto mortale!”.


Mi svegliai pochi minuti dopo, seduto su una sedia e circondato dai miei uomini. Dovevano essere lì già da qualche minuto, ma l’espressione di turbata sorpresa non li aveva abbandonato.
Non avevano mai veduto il suo comandante ridotto in quello stato e, come tutto il resto di Numenor, mai avrebbero pensato potesse esistere un avversario in grado di farlo.
Certo, in 250 anni di guerra contro l’Oscuro avevo subito numerose ferite ed ero stato prossimo alla morte più volte, ma mai in un duello ero stato sconfitto fisicamente. Oggi ciò era accaduto.
Chiamai il mio più fidato compagno e consigliere Filmor, grande conoscitore delle arti mediche. Insieme avevamo combattuto centinaia di battaglia e in più di un’occasione mi aveva salvato la vita.
“Se la guardia non mi avesse avvisato con sguardo tanto turbato, non sarei mai accorso; avrei pensato ad uno scherzo” disse entrando.
“Cos’è successo?” mi chiese con sguardo curioso e turbato.
“Niente, mi stavo allungando per leggere qualche documento e sono inciampato, tutto qui”.
“Da quando i comodini lasciano segni di cotta di maglia?” rispose con calma decisa. “Lui era qui, non è vero?”.
“Sì era qui. E io me lo sono lasciato sfuggire”.
“Eppure” ripose dubbioso Filmor, “La guardia ti ha trovato solo e tramortito nella stanza”.
“Mi stai dicendo che sono inciampato davvero?” risposi divertito.
Ma lo sguardo d Filmor era preoccupato “No, al contrario mi sto domandando perché tu sia vivo”.
Non ci avevo minimamente pensato. Filmor aveva ragione, avrei dovuto essere morto. Chiunque, elfo, uomo o nano, sa bene che i servitori del nemico non possiedono pietà alcuna.
“Non so, forse Ilu non ha ritenuto che fosse il momento giusto per chiamarmi”.
“Non penso che una forza benigna abbia voluto questa vicenda. Ma bando alle preoccupazioni sei vivo e io me ne rallegro amico mio. Ma dimmi, hai già dolore per le ferite oppure ancora non si son risvegliate?”.
Quelle parole furono come una chiamata alle armi per il mio corpo.
Mi accorsi che nella foga della pugna non avevo notato che il mio braccio destro, la mia gamba sinistra e il mio naso grondavano rossi di sangue.
“Cominciano a svegliarsi ora maledetto corvaccio! C’è qualcosa di grave?”.
“Dici a parte dal tuo naso multidirezionale? No non hai nulla che non possa guarire in una due giorni” poi si fermò e aggiunse scrutandomi “Però leggo altre ferite che non posso curare e di cui temo la forza. Posso però indicarti un guaritore elfico che vive in un accampamento non troppo distante da qui. Lui saprà cosa fare in questo campo”.
Fu cosi che mi incamminai verso questo accampamento elfico, dove fui accolto con grandi onori e prontamente presentato al guaritore.
Egli era un elfo di razza lontana, i cui occhi a lungo avevano scrutato questo mondo. Le sue armi alle pareti raccontavano di un’era passata e di una guerra dai mortali dimenticata.
Grazie alla mia piccola conoscenza elfica, capii che doveva essere stato un grande consigliere di Celembrimbor, il forgiatore d’anelli. Non proferì parole di saluto e si sedette di fronte a me, celandosi in un profondo silenzio.
Stavo per riportarlo alla realtà, quando si alzò con decisione pronunciando tali parole:

“Dura è la lotta con il medesimo sé
Logoro di mente più che di corpo il tuo spirito è
Affronterai una prova grave
E la tua gloria dipende dal tuo amore per il mare
Grande lucente signore tu sarai,
se il Nemico combatterai
Ma esso spesso si nutre d’inganni
trasformando in maledizioni i nostri affanni”

L’elfo così si richiuse in un profondo silenzio e lascio la casa. Due guardie mi fecero cenno che il colloquio era finito.
Confuso e un poco adirato mi apprestavo ad incamminarmi verso il bosco in direzione del mio accampamento, quando intravidi una leggiadra figura esercitarsi con la spada.
I suoi movimenti erano perfetti, la sua forma elegante e letale. Ne rimasi completamente affascinato.
Mi avvicinai allo straniero di soppiatto, ma giunto a 30 passi mi disse senza voltarsi ne interrompersi:
“Salute a te spada del mare, cosa ti porta nel villaggio degli esuli di Celembrimbor?”
Sorpreso che l’elfo sapesse del mio vecchio soprannome gli risposi: “Salute a te sire della spada, scusa l’interruzione. Come, se posso chiedere, conosci il mio soprannome?”.
“La fama del tuo nome non è solo confinata ai mari di Numenor, o’ governatore di Titandir!” rispose girandosi. “Eppure qualcosa turba il tuo cuore, dimmi quale motivo ti spinge qui?”
“Sono venuto in cerca del consiglio del saggio” risposi.
“Ah, che elfo di grande tempra! Una saggezza che non conosce confine, e dimmi quale è stato il suo responso?”.
Gli riferii di ciò che mi era stato detto.
“Ah, persino la mia mente elfica vacilla davanti a tali responsi! Eppure se umilmente posso dirti il mio parere, forse so cosa ferisce il tuo animo”.
“Parla pure, ma prima dimmi il tuo nome cosicchè possa sapere l’importanza delle tue parole.
“Io sono Firintor, capitano della guardia di Celembrimbor nonchè suo miglior fabbro”
“Ah, conosco il tuo nome ma evoca tristi ricordi lontani. Eppure pensavo fossi perito difendendo il tuo padrone!”
“Questo è ciò che credono in molti ed è bene che resti così!” rispose con sguardo cupo.
“Il Nemico in persona mi ferì quasi a morte, catturando poi il mio signore! Quale onta di vergogna, sarei dovuto morire con la spada! Eppure, della gente del mio popolo mi salvò portandomi dallo stesso saggio da cui ora tu sei venuto a chiedere consiglio!”.
“Egli mi curò, ma non fu in grado di spegnere il fuoco che divampava dentro di me! Il fuoco del guerriero ferito nell’onore. Così da ormai due secoli mi alleno, in vista del giorno in cui potrò palesarmi e distruggere il Nemico”.
“Hai senza dubbio un grande avversario da affrontare, o’ signore elfico, ardua è l’impresa”.
“Ciò che dici è saggio Tilgor eppure non sarò solo a fronteggiare il male, ed inoltre il mio braccio è più forte di ciò che appare”.
Al suon di quelle parole, vidi un luccichio al suo dito e meraviglia! Un grande anello di splendide fattezze risaltava ora al mio sguardo. “Ma.. non è possibile! Lui li prese tutti!” arretrai balbettando.
“Come ho già detto, è bene che non si sappia che io sia vivo. Eppure da vivo quale sono e dopo queste presentazioni, lascia che ti dia un opinione. Conosco il male che t’affligge perché io stesso ne soffro. Avverto questo forte legame che ci lega, Ammiraglio! Ilu non fa accadere gli incontri invano!
“La tua vista è molto lunga, o’ Firintor! Ebbene sì, porto un onore recentemente ferito da un reietto della mia razza! Se fossi di qualche decennio più giovane gli farei temere la collera dei Valar, ma il mio cammino di guerriero volge alla fine ormai”.
“Che tristi parole capitano! Eppure è sì triste e sconosciuta per noi elfi la sorte umana! Ma bada bene il mio cuore mi dice che essa è ancor lontana per te! Hai solo bisogno di essere di nuovo toccato dalla speranza dell’occidente! Ecco la ragione del nostro incontro! Come Tuor e Voronwe migliaia d’anni orsono, ora un elfo e un uomo di nuovo legano il loro cammino come figli di Iluvatar”.
Fatto ciò si tolse l’anello dal dito e porgendomelo disse “A te, o’ Tilgor, il più valente della terra del Dono, offro quest’anello, forgiato dagli elfi e non toccato dal nemico!”
Stupefatto mormorai: “non posso accettare tale dono! Gli anelli del potere non sono cosa che riguardano la mia razza!”.
“Ah! Eppure io non lo porgo alla razza di Numenor, bensì a te! E non sei forse per imprese e coraggio staccato dal resto del tuo popolo?”.
“Ammetto di aver compiuto molti atti di valore ma non penso che ciò…”
“Capitano” esclamò interrompendomi “tu sfidi un campione del male dotato di un oggetto non mortale, che penso tu abbia notato!”
Diceva il vero. Quel traditore indossava un anello! Ora era tutto chiaro! Ecco come sono stato sconfitto!
In un attimo la furia della sconfitta mi travolse, afferrai l’anello e lo indossai.
“Ecco, ora risplende la vera gloria di Numenor” esclamò Firintor, “Ora va! E vendica la gloria dell’Ovest per entrambi”.
“Sarà fatto mio buon amico, al prossimo incontro”.
Così lasciai quella terra con un nuovo potere e un vecchio obiettivo.



Da quel giorno ripresi la mia caccia: invia dispacci alla mia città a sud per chiedere rinforzi: 10.000 uomini di cui 1000 cavalieri.
Mi allenai ogni giorno alla spada, all’arco, alla lancia; intrapresi estenuanti esercizi fisici: nuotavo controcorrente in un fiume in piena, sollevavo massi di centinaia di kg e combattevo 4 ore al giorno.
Alla fine decisi di indire un torneo di spada all’interno dell’esercito, in modo da testare le mie abilità e di dare un’ultima occasione di festa alle truppe, poco prima dell’inizio della nostra campagna.
Il torneo consisteva in combattimenti singoli al primo sangue.
Sia io che Filmor passammo agevolmente i gironi eliminatori e gli ottavi.
I miei risulati erano straordinari: mi sembrava di aver di nuovo 150 anni! Nessuno poteva fermarmi: la mia forza era travolgente, la mia rapidità quasi non visibile, la mia precisione chirurgica.
Gli uomini acclamavano il mio nome e ad ogni colpo che infliggevo, la loro cieca fiducia si rafforzava.
Arrivati alle semifinali vinsi facilmente il mio incontro ma, proprio mentre pensavo che sarebbe stata una finale tra amici, Filmor fu battuto da un giovane capitano recentemente promosso.
Egli era quel genere di combattente a cui piaceva parlare per innervosire gli avversari. Una vecchia tattica che io padroneggiavo alla perfezione.
Filmor riemerse dalla piccola arena con un grande sorriso e una piccola ferita alla spalla.
“ è tutto tuo” disse sorridendo.
Alle 18 del pomeriggio ebbe inizio la finale.
Inizia i miei esercii di stretching e riscaldamento e così fece il mio avversario che già da quel momento cominciò a parlarmi.
“Buonasera capitano” mi disse guardandomi divertito.
“Buonasera novellino” replicai.
“Sapete capitano temo voi non rammentiate il mio viso” disse con fare sardonico.
“È triste, ma difficilmente mi ricordo ogni guerriero che ho battuto”
“AHAHAH ben detto! Ma vedete questo guerriero ha avuto l’onore di raccogliervi dal suolo privo di sensi. Lo definirei uno spettacolo deplorevole per un tale guerriero”.
Alzai lo sguardo di scatto e studiai il suo viso.
Al primo sguardo non lo avevo riconosciuto, ma era proprio una delle guardie che mi aveva raccolto dopo la mia sconfitta.
“Non turbare oltre il tuo cuore” dissi. Feci poi una piccola ma incisiva pausa. Quando rialzai gli occhi il mio sguardo era una lama “Sono completamente ristabilito”.
Iniziammo il combattimento. La prima fase era dedicata allo studio del ritmo e dello stile dell’avversario. Ogni tanto un affondo ricordava al pubblico che si trattava di un combattimento.
Aveva stampato un ghigno sul viso che trovavo oltremodo irritante. Non dovevo cadere nella sua trappola.
“Allora capitano, vedo con piacere che ancora possiede anche la capacità di stare in piedi! Commovente! Pensavo necessitassi di due uomini a sostenerti”
“Parla meno e sanguina di più” partii con un affondo che venne parato e deviato verso destra.
“Lo sa comandante” disse mentre mi colpiva con un pugno “Lei mi delude”.
In un attimo rividi il mio avversario: Tharparion!
Mi avventai con un urlo, tempestandolo di colpi parati sempre più a stento. L’ultimo, lo colpì al braccio facendo uscire un fiotto di sangue. La sua spada cadde a terra.
Il pubblico stava per esultare quando il grido morì nella gola di tutti.
Mi avventai sul mio nemico a mani nude: lo buttai a terra e iniziai a colpirlo.

Qualcosa non andava. Lo sguardo che aveva Tilgor mi preoccupava assai. Era cambiato di colpo ed ora sembrava cieco.
Seguivo le sue mosse attentamente e non esultavo insieme alla folla per ogni colpo sempre più vincente.
Ero arrivato a pochi passi da loro quando il primo sangue fu versato.
Per un attimo, un fugace momento, pensai che tutto sarebbe finito lì e che mi stavo sbagliando.
E invece vidi Tilgor buttare a terra il povero ragazzo e tempestarlo con una granula di pugni.
Ne aveva tirati già sei quando mi avventai su di lui per separarlo.
“Tilgor sei imp..” non riuscii a finire la frase che un poderoso pugno alla bocca dello stomaco mi tolse il fiato. Tilgor mi spinse contro un albero e sfoderò il pugnale puntandomelo alla gola.
Poi, appena vide i miei occhi la cecità scomparve e a poco a poco riacquisì consapevolezza.

Cosa diavolo stavo facendo? Avevo appena steso e minacciato il mio migliore amico!
Con orrore mi ritirai dal mio fedele compagno e imbarazzatissimo dissi:
“Scusami Filmor, non so cosa mi sia preso”.
Ma Filmor non era tipo da sorvolare su certe cose, lui aveva grande conoscenza del cuore umano.
“Sei forse impazzito Tilgor? Per poco non uccide a mani nude un soldato e ora minacci di morte me!?” gridò avvicinandosi.
Mi presa la faccia e la fece girare verso il mio avversario
“Guarda il tuo glorioso operato! Guarda!”
Il ragazzo veniva portato via in barella; il suo bel volto era ridotto a una poltiglia di sangue.
Probabilmente nessuna donna lo avrebbe più guardato con gioia.
“Non so cosa mi è preso Filmor..” dissi discostando lo sguardo imbarazzato.
“Non lo so nemmeno io Tilgor ma ciò che ti sta accadendo è grave! Devi abbandonare questa tua pazzia, è tempo di tornare a casa”.
A queste parole un furore mi accecò e dissi: “Mai! Tilgor non abbandonerà la caccia anche se ciò dovesse costarmi la vita, io sono il campione di Numenor, il migliore! Capisci?”
Filmor si girò con calma, come chi sa di star piazzando un colpo sicuro; poi, mente chiamava un cavallo disse: “Ora sei solo il campione degli stolti”.
Si girò e s’incammino al trotto verso l’uscita, seguito dalla sua guardia.
“Allora va’ stupido codardo! Non ti voglio rivedere prima di aver visto la testa di Tharparion spiccata dalla sua testa! E chiunque di voi vigliacchi abbia voglia di seguirlo lo faccia! Voglio solo uomini fedeli qui!” gridai con furia cieca, mentre il Filmor s’allontanava verso l’uscita del campo.
Da quel giorno dividemmo le forze. Io continuai la caccia mentre Filmor agiva sui fianchi.
Cercai, scovai e distrussi ogni antro che solo lontanamente odorava del mio nemico. Ma di lui nemmeno l’ombra.
La caccia proseguiva ormai da sei anni, quando un giorno incontrammo vicino ad Isengard un nutrito gruppo d’Esterling proveniente dal lontano est.
Il reggente della torre mi aveva inviato 1000 uomini di rinforzo. Le mie forze erano invece sparpagliate in tutta la regione. Alla fine contavo sul campo solo 4000 uomini. I restanti erano con il mio buon amico Filmor, distanti una giornata di marcia.
I nostri rapporti erano sin dal giorno del torneo gelidi e formali. Una volta terminata questa faccenda avremmo risolto tutto, ne ero certo.
Decisi di non aspettarli e di dare immediata battaglia, in fondo gli Esterling ci superavano di tre a uno. Infimi uomini inferiori.
Chiamai il sarto del mio seguito, domandando una nuova veste viola per la battaglia. La mia figura doveva sovrastare il campo!
Il nostro schieramento era formata da un solido centro di spada e lance. Sul lato sinistro si trovava il comando d’Isengard, mentre sul destro la nostra cavalleria.
Io mi posizionai al centro come riserva, subito dietro le prime linee, insieme alla mia guardia di 500 uomini, il fiore del mio esercito.
Gli Esterling caricarono e le nostre linee e presto arrivarono a contatto.
Il lato sinistro era quello più colpito dall’impeto nemico: il contingente d’Isengard combatteva bene, ma rischiava d’essere aggirato a causa dell’inferiorità numerica.
Sul versante destro, la nostra cavalleria aveva già spazzato via i catafratti avversari, restando poi bloccata di fronte ad un solido muro di picche.
Tuttavia sapevo che il centro era la chiave della battaglia.
Gli uomini di Numenor reggevano bene il fronte centrale: scudo affondo scudo.
Un costante ritmo di morte. La rotta nemica era solo una questione di tempo.
Improvvisamente gli Esterling si ritirano un poco, aprendo allo stesso tempo grandi corridoi vuoti nelle loro linee; alla fine di questi battaglione di carri falcati guadagnava terreno.
Una manovra impeccabile, frutto di una disciplina ferrea. Sarebbe stato ancora più bello impalare le loro teste.
Decisi che i miei uomini avevano bisogno del loro padrone e avanzai con la mia guardia.
Pochi momenti prima dell’impatto tuonai con la mia possente voce: “ Numenoreani! Voi siete superiori a qualsiasi mortale! Tenete la linea e distruggete questi esseri schifosi!”
La mia voce era sempre stata possente, ma in quell’occasione risuonò come un corno da guerra e, non solo i carri nemici rallentarono per paura, ma i miei uomini formarono anche un compatto muro di lance che li distrusse completamente senza pietà.

Il fumo della battaglia si poteva distinguere dalle terre adiacenti ad Isengard.
Osservavo tale spettacolo seduto sopra un masso di una piccola collina che sovrastava la regione.
Dopo 200 anni di guerre, mi sorprendevo ancora di quanta polvere e fumo provocasse una battaglia.
“Mio signore Filmor” disse una voce alle mie spalle.
Mi girai lentamente e mi trovai una giovane recluta che avevo designato come mio assistente, non poteva aver più di 40 anni.
“Cosa succede Diral?” chiesi rigirandomi verso la battaglia.
“Il nostro signore Tilgor ha dato battaglia! Come possiamo raggiungerlo? Siamo ancora a mezza giornata di marcia”.
La sua voce era il tipico richiamo della gioventù intrepida in cerca di gloria. Mi chiesi da quanto tempo avevo perduto tale spirito.
“Così pare mio caro Diral”
“Ma,…” esclamò Diral esitante.
Capii che il ragazzo necessitava di un incoraggiamento e dissi “Diral, parla pure liberamente”
“Sissignore, perché… non vorrei offendere nessuno mio signore, però ecco mi domandavo”
“per Ilu Diral parla!” esclamai divertito.
“Sissignore! Ecco mi domandavo: perché non ci ha atteso?” mi chiese con occhi delusi e curiosi.
Mi girai lentamente verso la battaglia. Trafiggendo con lo sguardo la pianura a 100 km di distanza,
scorsi chiaramente un bagliore che oscurava una piccola figura viola al centro di battaglia.
“Poiché caro Diral” dissi con voce triste “alcuni uomini nascono con un vuoto dentro, un vuoto che li spinge a dimostrare sempre qualcosa. Questo ha portato Tilgor alla gloria che detiene.”
Poi aggiunsi a bassissima voce: “Ed è ciò che alla fine lo divorerà”.
Diral si girò bianco in volto, le sue orecchie dell’Ovesturia avevano sentito tutto.

Diedi ordini di marciare al doppio della velocità per raggiungere i nostri compagni.
Quando ci trovavamo a due ore dalla battaglia un messo mi corse incontro a cavallo.
Il suo volto era pallido, una maschera di paura e orrore.
“Mio signore Filmor la battaglia è conclusa” disse mentre si fermava a riprendere fiato.
“Quindi? Abbiamo sopraffatto il nemico?” chiesi con concitazione.
“Sì mio signore gli Esterling sono distrutti” mi rispose il messo.
“Bene allora cosa t’affligge soldato” chiesi preoccupato e sorpreso.
“Mio signore io…non so come dirglielo, sono scioccato e se non l’avessi visto con questi occhi non vi crederei mai! Il comandante Tilgor ha ordinato la crocefissione di TUTTI i prigionieri mio signore!”
“Cosa ha fatto?” esclamai inorridito.
Chiami un cavallo e mi buttai in una folle corse seguito a breve dal messo e dalla mia guardia.
Arrivammo alle mura d’Isengard. Esse formavano un cerchio di quasi un kilometro di diametro.
Notai con stupore che la cinta muraria era ora doppia; ma non erano pietre ciò che formavano il secondo cerchio, bensì croci.
Lo spettacolo era osceno: più di 1000 uomini giacevano crocifissi intorno ad Isengard.
L’intero esercito di Numenor era inorridito mentre la guardia personale del comandante si occupava d’inchiodare alla croce i disgraziati Esterling.
Dopo l’iniziale orrore, cercai Tilgor con lo sguardo, urlando ai soldati di indicarmelo e di portarmi da lui.
Infine lo vidi. Egli era al centro delle operazioni, seduto su un trono a dare ordini. La sua veste viola si univa alla sua armatura in un abbraccio mortale.
“Più in un su quella croce! Inchiodateli per bene” urlava bevendo da un rosso calice.
“Tilgor che pazzia è mai questa?” dissi scendendo da cavallo.
“Filmor mio caro non t’impicciare! Uno di questi cani mi dovrà dire dove si trova Tharparon! Forza parlate schifosi insetti!”.
“Fermi voi!” dissi agli uomini della guardia. “Un solo morto ancora e vi arresto tutti con condanna a morte!”
“Non osare” esclamò Tilgor “A metterti tra Tilgor e la sua preda! Uno di questi cani mi fornirà l’informazione che chiedo! Sono solo luridi Esterling” disse alzandosi con voce piena di disgusto.
Mi avvicinai verso di lui con passo veloce fino ad arrivare a pochi centimetri dal suo viso.
“La tua pazzia deve finire Tilgor. Non ti rendi conto dove sei arrivato? Guarda l’orrore che tu stesso hai creato! Tale scempio sarebbe deplorevole persino a danno degli orchi! Mentre tu stai crocifiggendo uomini che nemmeno sanno per quale motivo combattono contro Numenor, a parte la paura di Sauron”
Lui parve per un attimo riprendersi. Disse esitante e confuso: “ Non è forse meglio che temano più noi?”.
Poi si girò con sguardo pensante e lo udii mormorare “Forse Filmor ha ragione, ma io devo trovare Tharparion, lo devo trovare”.
Mentre sussurrava tali parole passò una mano su un dito e, per la prima volta, vidi che egli indossava un anello.
Con un balzo mi avvicinai a lui e chiesi con stupore “Dove hai preso quell’anello?”.
“Un sire elfico me lo ha donato, al contrario di te lui ha rispetto per la caccia che sto effettuando” disse ritraendo la mano, come per paura di un furto.
“Un sire elfico eh? E dimmi come si chiamava? Esistono solo tre anelli dati a dei signori elfici, i quali non penso se ne priverebbero. Al contrario esistono svariati anelli in mani più oscure. Inoltre non è saggio che gli uomini maneggino tali oggetti. Un tempo concordavi con me in questo”.

“Ma insomma cosa voleva Filmor? Pensava forse che quell’elfo non fosse reale? Che assurdità! Eppure poteva aver ragione”.
Mentre così pensavo Filmor disse: “Dammi quell’anello Tilgor, portiamolo assieme da Gil galad! Lui saprà dirci cosa sia”.
La rabbia mi colse improvvisa e risposi con furia “No non porterò tale tesore ad un sire elfico che nemmeno lontanamente può capire il peso del dono!”
Egli mi guardò adirato e mi rispose secco “Gil galad è da sempre amico del nostro popolo, un autentico faro di luce nell’ombra di Sauron”.
“Ah sì? E come mai allora lui resta comodo nelle sue case a godersi il suo giorno immortale, mentre noi uomini di numenor facciamo la storia della terra di Mezzo sul campo di battaglia” dissi con decisione
“Sai bene Tilgor che ciò che dici non corrisponde al vero! Quanto incoscienza deve aver invaso a tua mente per ritenere Gil Galad un codardo! Non riesco a riconoscerti amico mio!”.
Quelle parole mi turbarono. Per un attimo infinito mi guardai attorno. Mi sentivo protagonista della mia vita dopo lunghi mesi da comparsa. Stavo per chiedere un aiuto al mio vecchio amico quando egli disse:
“ Tilgor dammi quell’anello! Devi sbarazzartene! Lo porterò io in persona da Gil Galad”.
La minaccia di separazione da mio prezioso avere mi accecò. Lo presi al collo e lo sollevai da terra, poi portando il suo viso vicino al mio gli urlai: “Non porterai nulla a nessuno capito?! Da quanto ti paga Gil Galad? Da quanto servi lui e non me? Traditore!”.
Filmor era tutt’altro che spaventato e, con il poco fiato che possedeva mi disse: “Tu cacci Tharparon povero sciocco, eppure non vedi che esso è più vicino di quanto pensi. Non vedi quali vesti porti? Egli è in te stesso!”.
La furia mi oscurò e selvaggiamente urlai: “Taci bugiardoooooo!”.
Un momento di tuonante silenzio inondò la pianura. I capitani tutti attorno a noi mi guardavano esterrefatti e disgustati. Il battito del mio cuore rallentava dopo una folle corsa; ad ogni colpo esplorai diverse vite umane.
Infine un rosso fiume mi riportò alla realtà. Sulle mie mani scorreva il sangue di Filmor, trafitto dal mio coltello.
Mi sveglia d’improvviso come da un incubo e mi accasciai al suolo urlante “Filmooorr”. “Oh mio dio cos’ho fatto, perdonami” dissi mormorando.
Tenevo il mio amico morente tra le braccia, alzando la sua testa con una mano. Egli stava per proferire verbo quando un capitano della sua guardia, ripresosi dallo stupore, estrasse la spada e caricò verso di me urlando:
“Numenoreano Nero schifoso!”
Il capitano della mia guardia fu più rapido e uccise il ragazzo a pochi passi da me, trafiggendolo con la lancia.
Quel gesto scatenò un putiferio: la mia guardia e quella di Filmor iniziarono un tenzone mortale mentre il contingente d’Isengard corse verso la sua roccaforte a riferire l’accaduto al proprio castellano.
Il resto dell’esercito si sparpagliò confuso: alcuni corsero a sud, verso casa, altri a ovest da Gil Galad, altri ancora rimasero stupefatti da quell’orribile massacro.
Per la prima volta dei Numenoreani combattevano tra loro; Sauron doveva essere molto soddisfatto in quel momento.
Io ero bloccato a terra. Accasciato al suolo, in ginocchio davanti al cadavere della persona con cui avevo condiviso tutto. L’amico con il quale aveva avuto senso vivere e avrebbe avuto senso morire.
Le mie lacrime scorrevano ancora più amare per non aver udito le sue ultime parole.
La mia mente vagava in preda al dolore a tutte le impresse compiute a tutti i momenti difficili e gloriosi vissuti assieme. Ai primi giorni dell’addestramento e alla gioia del primo comando militare.
Mi sentivo morire. Il sangue del mio migliore amico mi macchiava le mani. Aveva ragione Filmor, avrei dovuto abbandonare l’anello e la caccia. Solo allora comprendevo che cacciavo solo un’ombra di me stesso.
Mentre così riflettevo un colpo di piatto della spada mi arrivò sulla nuca.
Il mio elmo coprì completamente l’impatto, che mi fece semplicemente riemergere dalla mia trance.
Mi alzai e uccisi il primo traditore alla mia destra. Allo scorrere del sangue il potere circolò in me e nulla fu più importante. Radunai la mia guardia e sterminammo tutti i traditori.
Dopodiché urlai a chi mi fosse fedele di seguirmi e così fecero alcuni.
Il resto dell’esercito restò ad Isengard scioccato.

Si concluse così il primo massacro i tra Numenoreani, primo segno del declino di Numenor.
Tilgor vagò per le terre del nord insieme al suo seguito, ormai cacciati come reietti.
Poco tempo dopo s’accorsero che gli orchi li inseguivano da vicino costantemente. Un giorno, trovandosi circondati da migliaia d’esseri deformi, gli uomini di Tilgor s’apprestarono ad un’ultima tenace resistenza. Incredibilmente gli orchi non solo non attaccarono, ma resero chiaro che erano lì in qualità di loro servi.
Fu così che nacque il primo dei Caduti e il maggiore di essi. Più tardi, quando completamente sottomesso s’abbandonò alle sue catene, divenne il più possente dei Nazgul e nelle ere successive venne conosciuto come il Re degli Stregoni di Angmar.

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Last edit: 17 Feb 2016 21:36 by Turin.

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19 Feb 2016 22:39 #106737 by ALBIONE
Veramente bello Tom. Forse il bg più originale di quelli proposti nel contest.

POTERE HOBBIT!

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19 Feb 2016 23:51 #106757 by LOTRfan
Ha uno stile diverso dai racconti di Tolkien, ma è comunque appassionante. Complimenti per l'impegno e il risultato ;-)

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27 Feb 2016 13:03 #107051 by Falmer
davvero complimenti

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03 Mar 2016 11:38 #107281 by Turin

LOTRfan wrote: Ha uno stile diverso dai racconti di Tolkien, ma è comunque appassionante. Complimenti per l'impegno e il risultato ;-)


Beh infatti non è mia intenzione ripredere lo stile letterario di Mastro Tolkien, ma seguirne il mondo ;)
Se vedi ci sono molto dei temi tolkeniani: amicizia, corruzione, paura della morte.
Con così tannte prese i prestito, una mia nota personale pare minima :D
Grazie mille, anche solo per la lettura. Mi rendo conto fosse lunga :)

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