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Fratelli di Sangue Armata caratteristica GT2008

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30 Oct 2014 14:13 #86119 by Ispido
Ecco il racconto di BG con il quale vinsi il premio per l'armata caratteristica del GT 2008 con la lista di Arnor e MT che mi valse poi anche la conquista del GT in coppia con Samvise.

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Introduzione – I personaggi principali

Albion

Esile nel fisico, poteva facilmente essere confuso per uno dei giovani che affollavano le sale di Granburrone in attesa dell'età matura, Albion era, invece, un valoroso e feroce combattente, il suo impetuoso temperamento lo aveva portato più volte a partire per le missioni esplorative nelle foreste ai piedi delle montagne nebbiose.
Non c'era giorno in cui il giovane Noldor non cercasse l'impresa. Fu una sua iniziativa a far partire la spedizione che scoprì le tane basse degli warg selvaggi a sud di Granburrone. Insieme con alcuni abili guerrieri si recò nella zona da cui erano giunte notizie circa queste possenti e feroci creature, trovate le tane, ne ingaggiarono un branco numeroso, gli warg li superavano almeno in rapporto di due bestie per ogni Noldor. Albion si guadagnò l'appellativo di “gemma-tagliente” proprio in quella occasione, poiché, spezzata la sua lama nel ventre di una delle empie creature, ne uccise una seconda, usando la lunga gemma incastonata al termine dell'elsa come pugnale, aprì un profondo squarcio nell'addome della bestia che lo aveva colto alle spalle e ne aveva lacerato parte dello spallaccio con un morso.
Qualsiasi impresa fosse in programma di intraprendere, Albion era solito preparare con molta cura gli strumenti che gli sarebbero occorsi, spesso I suoi compagni di viaggio si trovavano a domandargli perché portasse oggetti di dubbia utilità nel suo zaino, “vedrete, vedrete...” era la risposta che l'astuto giovane ripeteva ad ogni occasione. E costantemente gli avventurieri che si accompagnavano con lui si ritrovarono in situazioni in cui il giovane fu capace di utilizzare, nei modi più strani, oggetti di comune utilizzo per risolvere situazioni complicate.

Karihirn

Uno dei Noldor più robusti, possente il suo colpo di spada, soleva combattere con la spada nella mano mancina ed il pugnale, donatogli dal padre al raggiungimento dell'età matura, nella mano destra. “Più armi, più attacchi, più possibilità di abbreviare lo scontro!” diceva a chi gli domandava perché non usasse l'ampio scudo, recante le insegne di Granburrone, affisso alla sella del suo destriero.
Esplorando solitario, come spesso era solito fare, alcune caverne alla base delle montagne nebbiose era caduto in una imboscata degli abitatori di quegli oscuri luoghi, ne era uscito vincitore, abbattendo un manipolo di una dozzina di grossi orchi ed aveva riportato con se alcune vestigia ritrovate nella loro tana.
Vedere le due lame danzare nel momento della pugna era uno spettacolo a cui ben pochi potevano restare insensibili, pur essendo il minore dei figli di Kelben si era guadagnato il diritto di impugnare la spada del defunto genitore.
La sua abilità con le lame oscurava spesso la maestria con l'arco, comparabile a quella dei migliori arcieri Sindarin.
Di carattere allegro e conviviale, gradiva la compagnia di ciarlieri avventurieri e degli esploratori Dunedain che spesso passavano per Granburrone diretti o provenienti da Fornost.

Elvolas

Slanciato ed agile, come pochi fra I Noldor, era veramente difficile coglierlo impreparato, che si trattasse di cogliere il primo refolo del vento di primavera o di parare l'affondo di un avversario.
La sua lingua, tagliente quanto la sua spada, lo poneva spesso al centro delle discussioni, sempre pronto ad intervenire in difesa del debole, che fosse un'offesa a parole o con la spada. Il suo personale scudo, dotato di tre lame Noldor affilatissime, gli consentiva di trasformare ogni difesa in un colpo ben assestato, la cui precisione era similare a quella mostrata dai preziosi ricami argentei che adornavano la sua cotta.
Come suo fratello Karihirn era abile nel tiro con l'arco e nel brandire le corte lame dei pugnali Noldor, ma ciò in cui eccelleva era l'arte di condurre I destrieri, qualsiasi cavallo montasse sembrava felice di portarlo, nemmeno lasciando le redini la bestia cambiava direzione dal percorso che Elvolas aveva indicato.
Guidando gli esploratori di Granburrone verso le terre di Arnor scoprì la via più breve attraverso la grande foresta, fu così che I viaggi verso Fornost si abbreviarono di due giorni di marcia.
Il suo destriero nero corvino è uno degli ultimi Mehalas, compagno di molte avventure, I due hanno sviluppato una sorta di collegamento istintivo che li ha fatti uscire, in diverse occasioni, da situazioni molto pericolose tramite una intesa difficile da trovare perfino fra I due gemelli di Granburrone.

Tar Vailu

Il più anziano dei quattro Noldor, sagace e preparato, la sua abilità nell'utilizzo delle armi non era certo la dote principale di cui poteva fare sfoggio, eppure in uno scontro sul campo di battaglia era un avversario temibile, mai una mossa avventata, mai un passo fuori dalla posizione di equilibrio, mai un'occasione in cui penetrare con un affondo la sua difesa, mai distrazione fu perdonata ai suoi avversari.
Esperto esploratore, aveva percorso a lungo le vie della terra di mezzo, era difficile trovare un luogo in cui lui non avesse viaggiato, perfino le lontane terre del sud e dell'est, regni di uomini crudeli e dediti al male, non gli erano sconosciute.
La sua scaltrezza lo aveva spesso salvato da agguati e battaglie in posizioni sfavorevoli, “perché combattere una battaglia già persa?” oppure “la posizione migliore per vincere una battaglia è quella che il tuo avversario ha considerato per te irraggiungibile”, erano frasi che in tempi di guerra erano state udite da coloro che si erano affidati al suo consiglio.
Aveva ben presente la sua fama ed era solito viaggiare senza grandi seguiti di guerrieri, non sarebbe mai passato inosservato, avrebbe dovuto fermarsi in ogni città a dispensare perle di saggezza a noiosi e spocchiosi nobili, interessati più al modo di aumentare il proprio potere soverchiando I propri vicini, che alla nobile arte del piacevole dialogo.
Era sempre stato schivo e poco incline a dialogare con persone che non riteneva meritorie della sua attenzione, solo quando, recatosi a Fornost, trovò in Erturias un uomo degno compagno nell'esercizio della dialettica, si aprì e nacque così una profonda amicizia che lega tutt'oggi Tar Vailu alla casata di Arnor.

Mattaelen

Il possente guerriero, nonostante fosse veterano di molte battaglie con il suo Re, aveva un aspetto aggraziato ed un viso giovanile. A guardarlo senza la lucente armatura sarebbe sembrato più un dotto consigliere di palazzo che un soldato temprato nel cuore delle battaglie, eppure era uno dei capitani più fidati, tant'è che a lui fu affidato il compito di ricondurre in patria, guidando due compagnie delle migliori truppe di Arnor, la futura regina. Quel viaggio aveva consegnato al popolo un nuovo eroe da ricordare nelle canzoni. Sorpresi dai predoni sulla via del ritorno, in inferiorità numerica di un uomo contro tre, aveva difeso il campo e ottenuto una netta vittoria perdendo pochissimi uomini ed affrontando lui stesso il Re dei predoni, abbattuto con maestria degna dei grandi eroi della seconda era.
L'elaborato elmo, dono personale del Re all'arrivo della Sua promessa sposa, spiccava per lo scarlatto pennacchio e per le finiture dorate, a completare la corazza di bande argentee lucenti come il Mithril delle miniere dei nani.
L'elsa della spada recava una pietra rossa a forma di rosa come terminale, simbolo della sua casata.
Servire il Re del nord era sempre stato un dovere della sua famiglia, fu suo nonno Erturias il primo a guadagnarsi I galloni da capitano delle armate di Arnor, e lo fece sul campo, come si richiede ad un eroe del regno del nord. Erturias aveva combattuto per l'ultimo re di Gondor, prima che I due regni venissero separati ed Arnor divenisse un regno indipendente, era presente alla morte di Isildur, aveva riportato le spoglie del re alla città bianca ed aveva poi seguito il suo destino al seguito del re del nord.
Milthelen, figlio di Erturias e padre di Mattaelen, aveva servito il re alla morte di suo padre, prendendone il posto come capitano delle guardie al confine est, si era distinto più volte nella difesa dei confini dalle incursioni degli orchi provenienti dalle montagne nebbiose, ora, nel momento della sua vecchiaia era uno dei più influenti consiglieri del Re e toccava a suo figlio, Mattaelen, difendere il confine ad est.

Tahalen

Il giovane elfo era sempre stato restio a partire dalla casa paterna, lì aveva tutto ciò che poteva desiderare, voleva una vita tranquilla, non aspirava alle avventure dei suoi avi che gli erano state tramandate. Suo padre era stato un grande comandante delle truppe elfiche, aveva anche partecipato alle grandi battaglie contro le forze di Mordor, e lì aveva trovato la morte.
Tahalen non trovava pace nella lettura degli antichi testi, non gli piaceva leggere da quei voluminosi tomi le storie del passato. Fu sua madre a spingerlo al viaggio nelle terre del nord-ovest insieme agli esploratori ed ai quattro avventurieri (Karihirn, Elvolas, Tar Vailu ed Albion). La sua indole pacifica e schiva lo portava a scegliere sempre i sentieri più battuti e le strade che passavano nelle vallate, gli altri esploratori che erano con lui faticavano ad accettare ordini da un giovane elfo così timido e con nessuna esperienza nelle
terre che attraversavano, ma gli ordini erano stati precisi, lui era il comandante del contingente al seguito dei quattro avventurieri fino al loro arrivo nelle terre di Arnor.

Andaeln, Mizarn e Shalaan

I tre fratelli, della stirpe dei Dunedain, sono tre ragazzi molto simili fra loro nel fisico quanto diversi nel proporsi alla vita di tutti I giorni.
Scaltro e ben addentro alle questioni militari, Mizarn è il più versato nell'arte della spada, passa ore ad addestrare il suo corpo, rivestito dell'armatura argentea delle guardie di Fornost.
Il carattere allegro e giocoso di Shalaan ha fatto si che si guadagnasse la stima e l'amicizia di molti uomini ben più anziani di lui, non c'è' persona che, vedendolo in situazione di necessità, non lo aiuterebbe di cuore. Generoso e sempre pronto a dare una parola di conforto, è altrettanto ammirato quando, vestendo l'armatura, si muove con gli altri soldati di Fornost per una missione.
Andaeln “il silenzioso”, come ormai molti lo hanno ribattezzato, è solito scrutare fino alla noia ciò che lo circonda, è veramente difficile che qualcosa sfugga al suo occhio attento, che si tratti di un viandante per la via o di un cespuglio mosso dal vento invernale, la sua proverbiale calma fa credere che sia solo un abile osservatore. Tuttavia, il suo arco miete trofei come pochi in Fornost hanno potuto fare alla sua giovane età. I raminghi lo hanno accolto volentieri nelle loro file viste le caratteristiche del ragazzo.

Capitolo 1 – Giochi da ragazzi!

Il cielo limpido e calmo della primavera copriva la vallata come un candido lenzuolo avvolge le dolci forme di una giovane donzella distesa sul giaciglio. Le cime innevate delle montagne a nord-est sembravano delle enormi coppe di frutti coperti di fresca panna, la nebbia che ne copriva la base pareva tenere sospese quelle enormi formazioni rocciose che, adagiate su di essa, assumevano le forme più strane e fantasiose.
La folta vegetazione faceva da contorno alle spesse mura della città, le due pesanti porte di bronzo aperte, recanti lo stemma della casata dei Dunedain, accoglievano lo sguardo dei viandanti che continuamente entravano o uscivano dalla città.
Il circolo di alberi in fiore chiudeva dolcemente la radura, mentre I rumori e gli schiamazzi nei pressi delle grandi porte, poco distanti, coprivano le voci dei ragazzi intenti a sollazzarsi nel tenue sole del mattino.

“Prova tu!” disse Mizarn, porgendo l'arco al nuovo amico di razza elfica.
Elvolas fissò per un attimo l'arco prima di afferrarlo saldamente, quello strumento di scarsa fattura, per le sue abitudini, era poco più che un giocattolo, eppure la scura impugnatura annodata con lacci di cuoio era comoda e la sottile corda sembrava ben tesa fra I due terminali metallici fissati alle estremità dell'asta di legno ricurva ed intagliata finemente nel lato esterno. Tese l'arco e rilasciò la corda mimando l'azione di scoccare una freccia, “sembra bilanciato e preciso, non male per essere opera degli uomini”.

La salda presa sull'impugnatura consentì ad Elvolas di tenere l'arco a se, quando l'estremità alta fu afferrata da Andaeln, “pensi che solo gli elfi siano capaci di fare armi di buona forgia? Ti faccio vedere cosa può fare quest'arco di Arnor!”. Il giovane strappò con irruenza l'arco dalla mano del giovane elfo, prese una freccia dalla faretra fissata al fianco e, incoccatala, la scagliò verso un albero a quasi 50 piedi di distanza centrando un frutto. Il secco tonfo dei brandelli di mela che si spargevano sul terreno sassoso destò l'attenzione del resto della compagnia.

A turno, I ragazzi tirarono con l'arco ai frutti degli alberi e, nonostante la giovane età, mostravano tutti grande maestria nello scoccare le frecce, non una toccò il suolo senza aver centrato il bersaglio.

“Facile colpire un inerme frutto. Sapreste colpire con altrettanta precisione un nemico in movimento durante l'infuriare della battaglia?” fu la brusca interruzione del gioco dei ragazzi. La voce severa e tonante di Milthelen fece voltare I ragazzi, il più lesto a dare risposta al veterano soldato di Arnor fu Tar Vailu, “A che giova colpire il nemico con l'arco velocemente se il colpo non ne penetra le carni?”.
Il soldato attese un istante pensieroso e poi, alzato il viso per farsi ben riconoscere, scoppiò in una profonda risata, “Tar Vailu! Ora ti accompagni anche ai ragazzi? Li stai istruendo secondo la tua visione.” e voltandosi verso le grandi porte “Ascoltatelo voi giovani, imparate l'arte della saggezza e dello studio.”

I tre giovani Dunedain compresero il gesto del braccio di Milthelen e, raccolte le poche cose che avevano lasciate sul selciato, iniziarono a seguirlo verso la città, “Andiamo, è ora di tornare, fra poco ci sarà l'adunata.”. Anche I 4 elfi si incamminarono con loro ed entrarono tutti insieme per la porta della città.
Attraversarono la piazza d'armi e si diressero per una via alberata verso il lato nord della città, le montagne oltre le mura sormontavano la visuale dei ragazzi. Poco più avanti, entrati nella piazza con la grande fontana che ospitava al centro la statua dell'ultimo Re di Gondor, si fermarono a bere di quella freschissima acqua e si sedettero ai piedi della scalinata del palazzo reale.

Un gruppo di soldati di Arnor, con l'uniforme argentea brillante per il riverbero dei raggi del sole, apparve dal lato opposto della piazza ed ordinatamente si arrestò in prossimità del centro. Altri soldati con le vesti violacee sotto la cotta argentea arrivarono dalla strada a ovest, e così per altri gruppi di soldati. Tutti si disposero ordinatamente al proprio posto e, quando anche l'ultimo dei soldati si fermò poggiando la base della lancia a terra a pochi centimetri dal piede destro, un insolito silenzio si impadronì della piazza che di solito ospitava le chiacchiere e I rumori del mercato.

La imponente figura del capitano Milthelen si affacciò dalla porta in cima alla scalinata e subito dietro venivano I consiglieri del Re e la delegazione degli Elfi di Granburrone. Era un momento solenne, l'antica alleanza veniva rinnovata dopo molto tempo, uomini ed elfi erano di nuovo insieme, anche se questa volta non erano lì per affrontare un grande male, la visita dei signori di Granburrone era stata pianificata nel tempo da ambo le parti ed era ora il momento di un grande annuncio.

“Fratelli miei” esordì Milthelen, “quest'oggi si celebra la rinascita di una antica alleanza, anzi, DELLA antica alleanza. Uomini ed elfi uniti sconfissero il Signore Oscuro sui pendii del Monte Fato, molto tempo fa. Ora, uomini ed elfi cavalcheranno di nuovo insieme, l'antico legame di fratellanza fra il nostro popolo e la stirpe elfica sembrava sciolto, così non è. Fra pochi giorni I nostri ospiti torneranno nelle loro terre portando con se la profonda amicizia del popolo Dunedain di Arnor...” un lungo proclama delle gesta compiute insieme dai due popoli proseguì per qualche minuto, poi Milthelen si interruppe e si fece indietro, lasciando spazio ad una figura esile e slanciata ammantata di un lunga veste azzurra, tenuta da una morbida cintura di un blu intenso come il cielo appena dopo il tramonto.

“Mae Gowain” fu il saluto al quale I soldati reagirono alzando le lance come fossero tutte saldate ad una base unica. Sire Elrond fece un gesto di deferenza e proseguì “l'amicizia che lega I nostri popoli sarà rinsaldata a breve da un lieto evento, dal nostro popolo un fiore sarà colto e donato ad un valoroso Dunadan. Milthelen e ShalaGad si uniranno rinforzando I legami fra le nostre stirpi.”

Capitolo 2 – Cuori in fiamme

Il gelido tocco del vento mattutino sul ruvido viso, le chiome argentate degli alberi abbandonate al dondolare imposto dalle folate che si susseguivano incessanti, gli spruzzi di acqua sollevati dalla fontana esposta alle intemperie, tutto il grande piazzale intorno al gruppo di rangers era imbiancato dalla neve e nei pressi della grande scalinata due piccoli cucuzzoli di neve ghiacciata erano stati ammassati per consentire agilmente il percorso sulle scivolose scale.
La morsa del freddo invernale unita al vento da settentrione costringeva I rangers a restare avvolti nel mantello di pelle, le braccia ben coperte a tenere chiusi I lembi frontali per evitare che l'aria gelida penetrasse raggiungendo la cotta di cuoio o I pantaloni da caccia.
Iniziarono a muoversi con calma, uno alla volta cominciarono a seguire le slanciate figure dei tre fratelli Dunedain che precedevano. I tre erano intenti a discutere con tono piuttosto preoccupato, il più agitato, lo si capiva bene dalla sua andatura nervosa e caracollante, era Mizarn, l'unico che impugnava l'arco anziché portarlo a tracolla. La verde faretra con il cerchio di bianche stelle sembrava parte del mantello anziché un'appendice. Non una delle piumature delle frecce si muoveva, nonostante l'andatura facesse ballare la faretra, evidentemente erano state fissate all'interno in maniera talmente stretta fra loro da farne entrare molte più di quante ne portava di solito. Perché I tre fratelli non avevano voluto attendere il sorgere del sole? Perché partire senza attendere che le altre truppe fossero pronte? Qualcosa di grave era accaduto o stava per accadere. Jahlen aveva percorso molte volte le foreste con Andaeln, erano già diversi anni che era il vice comandante della compagnia di rangers di Fornost. Nonostante Andaeln fosse molto più giovane di lui, ne aveva sempre apprezzato le doti di comandante coraggioso e leale, ed il pensiero di essere più anziano nella compagnia di lui e doverne essere subalterno non lo infastidiva affatto. Più volte Andaeln aveva dimostrato di meritare il comando e di essere un valido comandante, pronto al sacrificio nella stessa misura che chiedeva ai suoi uomini, se non di più.
Percorsero lentamente le vie della città fino a giungere alla porta, le guardie tardarono un attimo prima di muoversi per aprire le pesanti ante di bronzo, poi attesero il passaggio dei rangers e tornarono ad azionare l'argano per richiudere la porta alle loro spalle.
Lo sguardo di Shalaan si voltò verso la radura dei meli, la sua mente era colma di ricordi, in quel luogo avevano potuto apprezzare per la prima volta la compagnia dei loro amici elfi, e sempre lì avevano dato il via alla loro prima battuta di caccia, quella che ricordava meglio, la volta in cui il suo stivale era rimasto incastrato fra due acuminate rocce traversando il torrente. Sarebbe sicuramente finita male se non fossero giunti Albion e Karihirn in suo soccorso, il grosso orso che aveva individuato nel giovane un gustoso ed agevole pasto, finì per adornare la sala dei trofei di caccia, la sua enorme testa era ora in mezzo a quelle delle altre prede a dimostrare il coraggio e la maestria del gruppo di giovani avventurieri.
Mizarn era silenzioso e procedeva a grandi passi lungo la strada, ormai sopravanzava il resto del gruppo di almeno venti passi. Era assorto nei pensieri, non riusciva a pensare ad altro che all'ultimo saluto ricevuto dai suoi amici “A presto!”, non pensava che sarebbe stato così presto, e non in queste circostanze. Abbassò lo sguardo e, fermandosi, fissò il brandello di quella azzurra veste che stringeva nella mano che impugnava l'arco saldamente. Il frammento di scrittura elfica ricamato sulla parte alta del brandello riportava la sua attenzione ancora ai ricordi dei suoi amici “Albion...”. Il nome del giovane elfo scritto su un brandello di veste azzurra, quella che di solito portava sotto la cotta di maglia, non era foriero di buoni auspici.
Andaeln raggiunse il fratello e, “Mizarn.” poggiandogli la mano sulla spalla, “non affannarti a pensare cosa sarà successo, prima di notte saremo al limitare della foresta e sapremo.”.
Continuarono a seguire la strada per alcune ore, giunti ad una formazione rocciosa che giaceva sulla destra del sentiero di terra battuta, lasciarono la strada e presero ad andare verso nord, in direzione della foresta alla base delle montagne.
Il sole, ormai basso sull'orizzonte, illuminava a mala pena la via, gli alberi della foresta si distinguevano data la poca distanza fra loro ed il gruppo di rangers in avvicinamento. A quella vista I tre fratelli, con le viscere ardenti per l'inquietudine, sentirono le loro energie moltiplicarsi, la fatica di una lunga giornata di marcia forzata sembrava scomparsa, l'adrenalina portava I giovani Dunedain a muoversi a lunghi passi, distanziando I loro uomini che li seguivano da presso. “Mio Signore.” Jahlen fu lesto a comprendere cosa stava accadendo, richiamò l'attenzione del suo comandante che, fermatosi, fece cenno ai suoi fratelli di fermarsi. I rangers si ammassarono gli uni vicini agli altri e Andaeln prese la parola “Amici, siamo quasi alla foresta, dovremo raggiungere la base della montagna, siamo diretti alla radura dell'albero morto. I nostri fratelli elfi sono stati aggrediti mentre venivano a farci visita a Fornost.”
Un veloce conciliabolo fra I tre fratelli e Jahlen, mentre un sommesso brusio si levava dal resto dei rangers, poi si incamminarono in formazione allargata con tutte le cautele che erano soliti usare nelle loro esplorazioni.

Non impiegarono molto per percorrere I 500 passi che li separavano dalla radura ove il grande albero cavo giaceva ormai morto da tempo. Il buio non infastidiva più di tanto gli esperti rangers di Arnor, ci erano abituati, spesso avevano effettuato azioni notturne in quelle zone. Iniziarono a perlustrare la radura, senza tuttavia che alcuno di loro vi ponesse piede all'interno, sarebbe stata un'imprudenza passare allo scoperto, di notte, in un terreno non sicuro.
“la zona è sgombra, nulla si muove ne sotto ne sopra la linea degli alberi per 100 passi” la voce, quasi sussurrante, di Jahlen riportava le notizie passate di pattuglia in pattuglia tramite segnali prestabiliti, tutti avevano fatto rapporto ed erano ben piazzati a scrutare la foresta pronti a qualsiasi evenienza.
Andaeln fu il primo a sollevarsi ritto in piedi, I fratelli ed un piccolo gruppo di rangers lo seguirono cautamente mentre entrava nella radura con passo deciso, si diresse verso l'albero cavo.
Alto come una torre di guardia in solida roccia, l'albero dominava la radura e ne indicava il centro, quasi I suoi fratelli avessero deciso di non crescere al suo fianco per non disturbarlo, la sua forma ormai contorta dal passare del tempo era resa ancora più grottesca dalla posizione assunta dai rami alti che apparivano come le braccia di un enorme troll di montagna.
Giunto a pochi passi dal possente albero, Andaeln si fermò un momento e, dopo un profondo sospiro, si fece avanti ed iniziò delicatamente a voltare I martoriati corpi coperti da ciò che restava delle loro armature di bande dorate. Ai piedi del grande albero erano ammassati molti corpi, dovevano essere caduti in un'imboscata, I rangers avevano trovato molte frecce elfiche conficcate negli alberi che delimitavano la radura in tutte le direzioni. Stranamente nessun avversario caduto era stato trovato, e ben poche orme erano rimaste ad indicare da dove fossero venuti o dove si fossero diretti gli assalitori. “NOOOOOO!!!” l'urlo di Shalaan richiamò l'attenzione dei due fratelli, si voltarono verso il più giovane dei tre, era inginocchiato a terra e riverso sul corpo di un elfo che stringeva fra le braccia, gli elaborati stivali con I due foderi per I pugnali Noldor vuoti non lasciavano dubbi. Il corpo senza vita di Karihirn giaceva fra le braccia di Shalaan, gli occhi ancora aperti ma spenti il viso corrugato a descrivere una smorfia di dolore, il pettorale dell'armatura era spaccato verticalmente ed un profondo squarcio della spalla sinistra arrivava fino all'anca, una lama molto tagliente aveva attraversato le sue carni, le sue dita, ormai indurite, stringevano ancora il pugnale Noldor e la spada, spezzata appena oltre l'elsa.

Andaeln percorse con lo sguardo I dintorni di quella straziante scena e, strabuzzando gli occhi, balzò verso l'albero, raccolse due frammenti di metallo, sembravano due corti pugnali senza elsa, le lame ricurve e dentellate erano inconfondibili, “lo scudo... dov'è' lo scudo?”, si voltò in tutte le direzioni ma non trovava ciò che il suo sguardo bramava, solo corpi dilaniati dalle frecce, finché non vide un corpo riverso al suolo con una picca conficcata nella schiena, il mantello era stato strappato e ne restava poco più della metà, ma il simbolo della casata di Granburrone ricamato con filamenti d'oro era ben visibile ancora. Con passo deciso raggiunse il cadavere e piegandosi sulle gambe lo voltò lentamente portandone la schiena a poggiare sulle sue gambe “Elvolas!”, l'elmo elfico rotolò via dalla testa lasciando la folta capigliatura in preda alle folate del freddo vento del nord. Lo scudo era ancora fissato all'avambraccio, l'ultima delle tre lame era ancora ben salda nella sua posizione e sporca di un nero sangue che non lasciava dubbi circa la creatura che ne era stata ferita. “Orchi...”.
I rangers erano tutti fermi, impietriti da quello spettacolo drammatico che vedevano nella radura, Jahlen ordinò che I corpi degli elfi fossero ricomposti nei pressi del grande albero, con l'ordine e la reverenza dovuta ai propri fratelli.

Sollevando gli ultimi corpi nei pressi del grande albero, venne rinvenuto anche il corpo senza vita di Albion, una profonda ferita alla gola era ben visibile, il suo ventre presentava innumerevoli ferite eppure la sua armatura non era sporca di sangue, “hanno infierito su di loro anche dopo la morte! MALEDETTI!”. Il pugno di Andaeln si strinse violentemente poco prima di abbattersi sul ramo del grande albero che pendeva di fronte a lui. Con un tonfo il grosso pezzo di legno crollò a terra spezzato di netto, Andaeln rimase immobile con il pugno ancora proteso verso l'albero, lentamente alcune gocce di sangue iniziarono a colorare il ramo caduto a terra, le nocche della mano destra di Andaeln perdevano sangue, me lui sembrava quasi non respirasse nemmeno. Poi, voltandosi verso I suoi uomini, “Raccogliete I corpi e poteteli nell'incavo del grande albero. Questo vecchio rudere non vedrà altro sangue! Preparate le torce.”

Il rogo ardeva alto nel cielo, il chiarore che si sviluppava tutt'intorno dipingeva di rosso le chiome innevate degli alberi. “Mio Signore, non è prudente restare qui stanotte. Gli orchi vedranno il fuoco da lontano, la radura non è un buon posto per una battaglia e noi siamo pochi.”
Il Dunadan restava fisso a guardare il fuoco, ogni fiammella che si alzava oltre I rami dell'antico albero illuminava il suo sguardo, I suoi occhi iniettati sangue non concedevano tregua a quella scena, non un battito di ciglia interruppe I pensieri di Andaeln, poi una lacrima bagnò le sue guance fino a giungere alla benda che copriva la bocca dal freddo. Quel sapore salato che giungeva alle sue labbra era una sensazione nuova, eppure non voleva spostare la benda, voleva ricordare bene il sapore di quelle lacrime, voleva ricordare bene I suoi amici deceduti in quella radura. “Non uno di loro... Non uno di loro racconterà di questa barbarie ai suoi simili... ve lo giuro... amici!”, sfilò l'anello che portava alla mano destra, ancora tumefatta, con una leggera smorfia di dolore e lo gettò fra le fiamme. “... LO GIURO!!!”

Capitolo 3 – La grande caccia si apre

Le stelle erano velate dalla foschia del freddo inverno del nord, eppure non fu opera assai faticosa per gli esperti rangers rinvenire alcune tracce che portavano verso nord. Le orme sul terreno erano state lasciate da stivali di ottima fattura, si trattava chiaramente di impronte lasciate dagli elfi con il loro leggero passo, affondavano meno di un dito nella terra umida ed erano appena distinguibili I lievi solchi laterali lasciati dalle cuciture del cuoio. “Mio Signore. Tracce nel terreno. Tracce di piedi elfici.”. Andaeln si mosse cauto verso il ranger per non calpestare eventuali impronte, compromettendone il riconoscimento. Si chinò e ruotando il collo lentamente percorse lo spazio intorno a se con uno sguardo molto attento, poi sciolse la benda che copriva la mano destra e poggiò la mano nell'impronta di stivale che giaceva ai suoi piedi. “Meno di una giornata da ora.” poi si rialzò ritto in piedi e voltandosi verso il resto della compagnia “Ci sono almeno 4 coppie di tracce diverse, hanno con se un ferito che non può camminare, una delle serie di tracce è molto più profonda delle altre, nessun elfo è così pesante. Sono andati a nord. Muoviamoci!”.
Pochi gesti delle mani e l'intero contingente era in marcia di buon passo attraverso la folta boscaglia. Mizarn guidava il gruppo che si teneva largo sulla sinistra, l'arco sempre ben saldo in mano insieme a due frecce e la faretra angolata sulla schiena pronta per facilitarne l'estrazione delle frecce in rapida sequenza. Shalaan seguiva sul fianco destro dello schieramento, lo scudo metallico fissato sulla schiena e ben coperto dal mantello perché non riflettesse luce tradendo la sua posizione. Andaeln avanzava al centro con aria risoluta, erano ben riconoscibili I tre drappi azzurri che pendevano dal suo fianco, frammenti dei mantelli dei suoi amici, si libravano incivilmente assecondando il movimento rapido delle gambe del Dunadan.

Procedendo di buon passo per tutta la notte giunsero ai piedi delle montagne che mancava ancora circa un'ora all'alba. Si fermarono al riparo della boscaglia per consumare un pasto frugale ed in tutta fretta si riorganizzarono per proseguire, avrebbero dovuto affrontare un tratto di terreno allo scoperto ed era meglio passarlo finché il buio li copriva. Si mossero in fretta, a piccoli gruppi di quattro ben distanziati fra loro. Giunti nei pressi del greto del torrente un suono richiamò l'attenzione di tutto il contingente, sembrava un fischio, molto acuto e ritmico. I rangers impiegarono pochi istanti a scomparire a terra sotto I mantelli, uno dei gruppi più avanti aveva avvistato qualcosa, quello era il segnale che ormai conoscevano molto bene.
Altri strani sibili si udirono in rapida successione ed alcuni drappelli iniziarono a strisciare verso il greto del torrente prendendo posizione fra le rocce. Un braccio alzato fra le rocce fu il segnale che si poteva proseguire fin lì e tutto il resto del contingente si mosse rapidamente ma senza emettere un rumore fino alle rocce. “cosa avete visto?” chiese con voce quasi sussurrante Mizarn, il primo dei tre fratelli a giungere alle rocce. “nulla, Mio Signore.” fu la risposta che giunse rapida con tono inquieto dal ranger. “Allora perché il segnale di pericolo?” replicò il giovane Dunadan. “Ma... non lo abbiamo fatto noi!?!” la voce del ranger era sensibilmente preoccupata. Qualcuno aveva emesso il segnale di pericolo, ma chi? Possibile che I loro nemici conoscessero il segnale? Mai si era sentito di orchi capaci di comunicare con toni così acuti. Eppure il contingente era stato messo in guardia con un segnale che aveva chiaramente riconosciuto, non si trattava di giovani alle prime armi, I ranger di Fornost erano un corpo di veterani, tutti ben oltre le 30 primavere.
Il torrente ghiacciato di fronte a loro sembrava uno dei viottoli coperti di bianchi sassolini che era facile trovare nella parte occidentale di Fornost, alcune grigie rocce emerse interrompevano quel pacifico ambiente imbiancato. Ancora un sibilo, acuto e ritmico come il precedente, era vicino, al massimo cento passi, ma oltre il torrente non c'era nulla per almeno 500 passi se non un piccolo gruppo di leggeri arbusti, nemmeno un hobbit si sarebbe potuto nascondere alla vista in quel posto. Andaeln iniziò a scrutare con attenzione di fronte a se ed improvvisamente vide uno degli arbusti muoversi diverse volte verso destra, come poteva muoversi controvento? Cercò di concentrarsi verso la base dell'arbusto ed intravide una sottile luce e poco oltre una cotta di cuoio verde con il simbolo di Granburrone ricamato in oro. Lasciata la sua posizione prona si lanciò in avanti e percorse velocemente carponi la distanza che lo separava dagli arbusti tenendosi coperto dal mantello fino alla testa. “Mae Gowain, Andaeln” la voce lieve e appena percettibile di Tahalen richiamò la sua attenzione sull'esploratore elfo, prima impossibile da distinguere dalla vegetazione nonostante fosse allo scoperto, il suo braccio indicava di restare basso e proseguire alla sua destra. Poco più in là altri due elfi erano sdraiati riparati da una alta roccia. Andaeln si affrettò e presa la mano dell'elfo iniziò a parlare ansiosamente ma con voce sussurrante “Tar Vailu. Sia gloria ai Valar. Sei ferito?”. Con calma l'elfo si scostò leggermente ed alzò la testa “Andaeln, amico mio. Mai visione fu più felice per me, del tuo viso in questo momento. Siamo bloccati qui da ieri. Sono troppi...” Andaeln lo interruppe poggiandogli delicatamente la mano sulla cotta “sono qui con I miei uomini, anche Mizarn e Shalaan si sono uniti alla spedizione, appena abbiamo saputo siamo partiti. Non temere, abbiamo lasciato segnali per le truppe che seguono dalla città, sono partite il giorno successivo al nostro, presto saranno qui e salderemo il conto con quelle bestie!” il tono di Andaeln si faceva via via più intenso.
Tar Vailu raccontò dell'agguato subito dalla colonna nei pressi dell'albero morto, di come vennero sorpresi da strane ed enormi creature, più simili ad orsi che a lupi, ma agili nei movimenti. Una pioggia di frecce ne aveva anticipato la carica. I quattro esploratori si erano salvati perché erano lontani a perlustrare in un'altra zona ed avevano fatto bruscamente ritorno alla colonna udendo gli echi della battaglia in corso, I loro mantelli li avevano nascosti alla vista al loro arrivo ed avevano fatto in tempo appena ad afferrare il corpo di Tar Vailu che cercava di poggiarsi all'albero per rialzarsi, una freccia nel costato lo aveva fatto crollare a terra, gli altri giacevano tutti già morti e le empie creature stavano tornando alla carica portando sul dorso dei grossi orchi con rozze armature di stracci che brandivano delle corte lance. Si erano diretti velocemente a nord portando in salvo Tar Vailu, ma erano rimasti fermi lì, le bestie erano più veloci di loro e li avevano preceduti al passo che portava su per la montagna.
“Stavano andando dritti in bocca agli warg selvaggi” la voce profonda di Aeslyn interruppe il racconto di Tar Vailu, un uomo molto alto e dal fisico possente, vestito di umili vesti portava sul bracciale di cuoio destro il simbolo dell'albero bianco. “Cosa ci fa un ramingo qui?” chiese per nulla turbato Andaeln, “seguivo le loro tracce da giorni, hanno delle tane lì a metà della montagna, dove la strada piega verso Granburrone, ma non è molto tempo che abitano quelle grotte.” rispose con calma il ramingo. Tar Vailu lo presentò “Questi è Aeslyn, dobbiamo a lui la nostra vita, se non ci avesse avvisati del gruppo che ci precedeva, saremmo finiti allo scoperto, alla mercé di quelle bestie. Ha fermato la nostra corsa e mi ha estratto la freccia dal costato, ora sto meglio.”
I rangers si disposero nel dislivello formato dal greto del torrente, portarono lì anche Tar Vailu e I nuovi compagni di avventura, nessun fuoco fu acceso per non scoprire la loro posizione, consumarono carne essiccata e bevvero neve sciolta, poi I tre Dunedain, il ramingo e Tar Vailu si sedettero ai piedi delle rocce a discutere sul da farsi, più analizzavano la situazione e più Andaeln, che restava silenzioso, mostrava tramite il rossore dei suoi occhi la rabbia che gli ardeva dentro, avrebbe voluto affrontare subito quelle bestie e farne macello per vendicare I suoi amici, ma non poteva dare libero sfogo alla sua coolera, erano troppo pochi per affrontare un gruppo così numeroso, avrebbe dovuto attendere l'arrivo delle truppe regolari guidate da Mattaelen.

La colonna procedeva al passo, erano ormai diverse ore che percorrevano quella foresta, mancava poco al suo limite settentrionale, il braccio di Mattaelen sollevato in aria fece fermare I soldati, disposero il campo senza accendere fuochi, avevano letto I segnali lasciati sugli alberi dai rangers, si trovavano in un luogo pericoloso e, nonostante fossero molto numerosi e ben organizzati, non potevano essere certi di vincere uno scontro senza avere saputo prima qualcosa di più dettagliato circa la consistenza e la tipologia del nemico. All'alba sarebbero ripartiti per procedere fino al greto del torrente gelato, da lì alla strada che saliva le montagne era circa un'ora di buon passo, I rangers li stavano sicuramente aspettando ai piedi dei monti, non erano dei pivellini, non si sarebbero addentrati in terreno ostile senza sapere di preciso dove fossero le forze principali del loro schieramento.

Capitolo 4 – Vendetta è fatta!

Il passo cadenzato dei soldati di Arnor sollevò il morale dei due rangers che stavano di guardia al lato della foresta, l'insegna della guardia di Fornost che procedeva in testa alla colonna era per loro il segnale che aspettavano, Langlos si diresse a passo svelto verso la parte nord dell'improvvisato accampamento ed in breve si trovò di fronte a Mizarn che già aveva visto ciò che gli doveva essere riportato. Con un veloce gesto del braccio destro congedò il ranger e si volse verso i fratelli, “sono giunti.”.

Tar Vailu giaceva su una lettiga, improvvisata con rami e fogliame, che ne consentiva il trasporto, nonostante fosse molto debole aveva discusso sul da farsi per tutta la notte insieme ai suoi amici.
“Quelle grotte non sono posto per lanciare un attacco con truppe regolari, troppo anguste all'ingresso, ci saranno sicuramente delle sentinelle a presidiare le rocce alte che sovrastano gli ingressi” proseguì Andaeln, continuava ad osservare la mappa che il ramingo gli aveva posto, la mappa delle grotte in cui si nascondevano gli orchi.
“Non è necessario ingaggiare battaglia nelle grotte, potremmo sfruttare gli stretti passaggi per farli correre verso di noi incolonnati” interruppe Aeslyn, ed iniziò a disegnare in terra con il pugnale. “Qui.” piantò il pugnale in un punto del suo disegno con decisione, “questo è il punto in cui potremmo infiltrare alcuni rangers, di lì si controllano le grotte alte che poi finiscono dietro alle tane degli orchi”.
Andaeln guardò con attenzione il pugnale piantato nel terreno, la gemma incastonata come terminale dell'elsa brillava di un rosso carminio simile a quello che aveva spesso visto colorare le montagne nei tramonti a Fornost. Gli occhi di Andaeln presero a brillare di una strana luce mentre aggrottava le sopracciglia come a voler focalizzare ciò che stava maturando nella testa.
“Certo! Li faremo correre verso di noi. Appena vedranno le fiamme non baderanno molto a cosa li attende all'uscita.” le parole proruppero dalla sua bocca mentre un velo di spietato appagamento illuminava il suo viso. “Fuoco?!? E come pensi di arrivare alle loro spalle per appiccare il fuoco?” lo interruppe Aeslyn, “io ho percorso un buon tratto di quelle grotte alte, tempo fa, dopo una prima parte percorribile iniziano a scendere, e non c'è corda abbastanza lunga da poterti portare fino alla base della grotta. Ed anche si arrivasse alla base, scendere in mezzo agli orchi a cosa potrebbe portare? Alla morte. E...”, Andaeln lo interruppe, “noi non scenderemo nella casa di quelle immonde creature, sarà il fuoco a scendere giù per la grande grotta, prepareremo delle belle di sterpi e legname, le riempiremo con i barili di pece e le bruceremo, ecco cosa faremo scendere nella loro tana! Vedrete che correranno fuori verso il loro destino!”.
“Un piano molto originale...” la greve voce di Mattaelen interruppe la discussione, “ma come conti di giungere alle caverne alte?”, i due si fissarono per un istante e poi Andaeln gli si fece incontro per salutarlo, “Mattaelen, benvenuto, ti attendevo.”, un sorriso addolcì lo sguardo del capitano di Arnor mentre le sue braccia incrociavano quelle del Dunadan nello scambio del tradizionale saluto. “Immagino che io sia qui per portarti alle caverne alte? I miei uomini sono pronti, stanno già bendando gli schinieri e le scarpe per muoversi in silenzio, entro un'ora saremo pronti a muovere.” o sguardo del capitano tornò a farsi scuro ed abbassando gli occhi verso Tar Vailu disse, “Vecchio saggio, speravo che il nostro prossimo incontro sarebbe stato nella mia casa per festeggiare l'arrivo del mio erede, ed invece eccoci qui, dimmi di loro, cosa è successo ai figli di Kelben? Come è andata?”, i due parlarono fra di loro per alcuni minuti e Tar Vailu cercò di risparmiare al suo vecchio amico i dettagli più tristi dello scontro.
Nel frattempo i preparativi per la partenza procedevano alacremente, un gruppo di rangers aveva tagliato degli esili rami dagli alberi e li avevano raccolti in fascine per facilitarne il trasporto, Andaeln e Shalaan avevano già selezionato un gruppo di quattordici uomini, fra i più esperti, per la missione alle grotte alte, i soldati di Arnor avevano lacerato la parte bassa dei propri mantelli per bendare le gambe dal ginocchio fino alle punte dei piedi ed impedire che le placche metalliche facessero rumore toccandosi, ciò che restava dei mantelli era stato ripiegato e passato sotto alla bordatura delle armature, dove la cotta si sovrappone ai gambali, ad impedire che le due parti metalliche potessero toccarsi. Di lì a meno di un'ora tutto era pronto, la formazione iniziò a muoversi lentamente verso le montagne, gli esploratori elfi, Aeslyn e 4 rangers precedevano la formazione scandagliando il terreno e scrutando verso le montagne per cercare la posizione delle sentinelle.
Giunti alla base della montagna si fermarono nel boschetto che li separava dalla strada battuta che saliva su per la montagna, le truppe di Arnor si posizionarono al limitare della boscaglia pronte a procedere su per la strada al segnale di via libera per chiudere l'ingresso, il gruppo guidato da Andaeln e Shalaan partì costeggiando la strada, anche Tahalen era del gruppo per espressa richiesta di Tar Vailu. Iniziarono a farsi strada verso l'alto lasciandosi la strada alle spalle e tenendosi ben coperti verso nord dalle rocce innevate, andarono ben più in alto delle grotte alte per verificare che non ci fossero sentinelle oltre il costone roccioso che le sovrastava.
Una roccia piatta spuntava dal costone della montagna costituendo un ottimo punto di osservazione verso il basso, Tahalen ed Andaeln si sporsero appena con la testa ed iniziarono a scrutare verso valle, alcuni orchi coperti di stracci biancastri camminavano lungo stretti sentieri rocciosi tutt'intorno all'ingresso della grotta grande, circa ottanta passi più in alto c'erano solo sei sentinelle a guardare l'ingresso alto, quello a cui mirava il gruppo di rangers.
“dovremo agire in silenzio, prima elimineremo le sentinelle e solo dopo inizieremo a calare le fascine e la pece verso l'ingresso alto, quel gruppo di rocce taglienti appena prima dell'ingresso sarà il nostro punto di osservazione verso valle, dovremo fare attenzione che le sentinelle in basso non ci vedano finché non le avremo eliminate tutte...”, Tahalen lo guardava molto concentrato attendendo che finisse di esporre il suo piano, poi esordì “noi ci occuperemo delle sentinelle a valle, siamo più che capaci di essere silenziosi come foglie sul fiume e invisibili ai loro occhi”, “Sia.” fu la secca risposta del Dunadan.
Si volsero al resto del gruppo e diedero istruzioni affinché tutto fosse fatto secondo il piano di attacco, tre rangers rimasero con le fascine e con le due botti di pece, gli altri iniziarono a muoversi cautamente verso il basso insieme ad Andaeln e Shalaan. Tahalen e gli altri quattro esploratori elfi iniziarono la discesa sul lato opposto e scomparvero alla vista dei rangers in pochi istanti, i loro mantelli sembravano assumere le forme delle rocce che via via passavano rendendoli un tutt'uno con l'ambiente che attraversavano.
Pochi minuti furono sufficienti ai rangers per prendere posizione, ciascuno nei pressi di uno dei punti in cui le sentinelle svoltavano sui sentieri per tornare sui propri passi, così facendo avrebbero dato le spalle agli assalitori nascosti fra le rocce e, con un deciso colpo di lama alla gola, non avrebbero potuto dare l'allarme. Uno strano suono, simile al suono emesso dai falchi, fu il segnale di attacco e i rangers sbucarono dalle loro buche tutti insieme, come un sol uomo, fecero rapidamente il loro lavoro e tirarono via i corpi degli orchi per nasconderli alla vista. Il gruppo si riunii presso le rocce indicate da Andaeln ed iniziarono a far calare dall'alto le fascine e le botti, legate con delle corde e coperte con i mantelli bianchi per non farle scorgere dal basso.
Più in basso i cinque esploratori elfi erano in posizione e si preparavano ad agire, le nove sentinelle degli orchi erano suddivise in due aree, tre al di sopra dell'ingresso della grotta grande, ben distanti fra loro e furono affrontate con i pugnali, non un rantolo uscì dalle loro bocche, caddero a terra lentamente con la gola squarciata dagli acuminati pugnali noldorin, a quel punto le sei sentinelle più in basso dovevano cadere rapidamente ma la distanza non concedeva un assalto con i pugnali su tutte contemporaneamente.
Tahalen assegnò un bersaglio a testa ai suoi esploratori, i quali si avviarono a prendere posizione, lui tenne per se gli ultimi due, i più lontani dalla loro posizione, proprio di fronte all'ingresso della grotta. Al segnale gli esploratori si gettarono rapidamente e silenziosamente alle spalle degli orchi loro assegnati e li sgozzarono senza fargli emettere un suono, Tahalen balzò giù da una roccia con l'arco in pugno ed una freccia nella mano sinistra, usò la punta della freccia come un pugnale per tagliare la gola dell'orco che aveva più vicino e rapido incoccò la freccia e la scagliò sull'altro, che era a non più di venti passi, trapassandogli la gola da parte a parte, la bestia si accasciò al suolo in un istante e l'elfo fu lesto a spostare i due corpi dietro le sterpaglie, poi si mise di guardia all'ingresso della grotta attendendo gli altri quattro elfi. Pochi istanti dopo gli esploratori erano in pieno controllo dell'ingresso e Tahalen mandò uno di loro incontro agli uomini di Arnor lungo la strada per segnalare che il passo era sgombro e potevano avanzare.
Mattaelen alzò il braccio e i soldati iniziarono a muovere a passo svelto verso l'ingresso della grotta, si disposero come il loro comandante aveva ordinato, formando un semicerchio di fronte all'ingresso della grotta accucciati dietro agli scudi e con le lance protese in avanti a formare una falange molto stretta.
Intanto Andaeln e suoi uomini avevano terminato di preparare le matasse incendiarie, le fascine di legname secco erano state disfatte ed intrecciate a mo di cesti improvvisati, nel centro avevano messo le vesti degli orchi uccisi intrise di pece. Iniziarono a far rotolare le sei balle di legname verso il punto in cui la stretta grotta iniziava a scendere e appiccarono il fuoco ad una piccola torcia, erano pronti, ora mancava solo il segnale dal basso ed avrebbero iniziato la battaglia.
Tutti gli uomini di Arnor erano in posizione, Mizarn si levò in piedi e portando le mani davanti alla bocca emise un segnale stridulo, pochi istanti e vide il bagliore delle fiamme iniziare a crepitare più in alto, “Tutti pronti, fra poco arriveranno, che nessuno scampi! Nessuna pietà per queste bestie immonde!” prese una freccia dalla faretra e la fissò in posizione di tiro tendendo l'arco in direzione della grotta.
Le balle di legname infuocate iniziarono a rotolare verso il basso, ad ogni cambio di pendenza sbattevano sulle pareti rocciose lasciando degli spruzzi di pece in fiamme sulla nuda roccia, all'improvviso il rombo del legname che sbatteva pesantemente a terra e si fracassava in mille pezzi spargendo fuoco tutto intorno fece svegliare di soprassalto gli orchi che trovarono tutt'intorno fiamme che si alzavano alte. I due improvvisati steccati dietro i quali erano tenuti gli warg presero fuoco rapidamente e le bestie iniziarono a divincolarsi ed a rotolare sul terreno per cercare di spegnere i propri manti che prendevano fuoco. Nel parapiglia generale che si era scatenato gli orchi che giacevano più vicini all'ingresso della grande sala di roccia fecero in tempo a partire di corsa verso l'esterno delle grotte, non si fermarono nemmeno a raccogliere le loro armi ed iniziarono a correre schiacciandosi gli uni gli altri verso le pareti, chi cadeva a terra veniva calpestato senza alcunaa attenzione dagli altri che sopraggiungevano, una torma di bestie impaurite correva verso l'ingresso delle grotte. L'ultimo tonfo fu più roboante degli altri quando l'ultima delle balle toccò terra si frantumò spargendo ovunque i pezzi di roccia che i rangers avevano avvolto nei panni bagnati di pece e messo all'interno, ciò che ancora restava nei pressi delle pareti fu investito dalle fiamme e la grotta si trasformo in un enorme forno in cui arsero parecchie centinaia di orchi e i moltissimi warg che erano rimasti chiusi negli steccati, un odore acre e terribilmente intenso iniziò ad uscire dall'imboccatura della grotta e dall'uscita superiore, gli uomini di Arnor erano pronti e strinsero le loro posizioni poggiando gli scudi sovrapposti lateralmente per creare una barriera, le punte delle lance che sbucavano da quel muro di scudi mostravano chiaro il pendente viola che identificava la compagnia di confine.
Gli orchi giunsero in preda la panico all'aperto, i primi cercarono di fermarsi prima di finire conficcati sulle lance, ma la spinta di quelli che seguivano da dietro fu tremenda e molti finirono sulle punte delle lance infilzati in vari punti del corpo, quando il piccolo piazzale fu pieno di orchi che spingevano sui cadaveri per farsi strada, i rangers e gli esploratori elfi che con Mizarn erano appostati più in alto, iniziarono a far piovere frecce sulle bestie e smisero solo quando il massacro fu compiuto e nulla più si muoveva nel mezzo del piccolo piazzale.
Nel frattempo il gruppo di rangers di Andaeln aveva posto pietre a sbarrare l'uscita alta e ne aveva riempito le fessure con stracci ed erba per evitare che il fumo uscisse, lo stesso venne fatto all'ingresso basso per accertarsi che nessuna delle bestie fosse scampata all'agguato.

Ora era il momento di muoversi e tornare a Fornost, l'amico Tar Vailu aveva bisogno di cure e gli uomini dovevano tornare ai loro doveri in città. C'erano da preparare altre operazioni, quegli orchi non potevano essere lì per un puro caso, e bisognava anche capire come avevano fatto a rendersi invisibili alle pattuglie di confine di Arnor per tanto tempo. Il loro soggiorno a Fornost sarebbe stato breve, c'era molto da fare ancora.

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30 Oct 2014 17:42 #86124 by Iluvatar
Questo bg c'è l'ho ancora salvato nel pc.
Eccezionale, un miniromanzo.
L'hai ancora la minia di Andaeln che ti avevo dipinto?

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  • Ispido
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30 Oct 2014 19:10 #86126 by Ispido

Iluvatar wrote: Questo bg c'è l'ho ancora salvato nel pc.
Eccezionale, un miniromanzo.
L'hai ancora la minia di Andaeln che ti avevo dipinto?


Certo, perchè mi ostinerei a volere il dunedain nella lista di Arnor altrimenti? ;)

Quella è l'unica miniatura che non è mai rimasta nella valigetta, ce l'ho a casa in un piccolo contenitore trasparente per non fargli prendere polvere

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30 Oct 2014 19:55 #86131 by Iluvatar
Che onore!

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