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Categoria: Racconti e BG
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Il capitano della torre giunse nel cortile interno. Tutti fecero silenzio e si voltarono a guardare la sua figura imponente che avanzava. Solo un orchetto ancora mormorava qualcosa, digrignava maledizioni fra i suoi denti aguzzi. Al capitano sembrava che dicesse “tark”e una lunga sequela di improbi. Si rivolse a lui con sguardo torvo.
“Gorbag, ogni volta che tu e i tuoi ragazzi venite qui c’è sempre da menare le mani!”
Gorbag lanciò uno sguardo altrettanto torvo a Shagrat, che ancora indossava la lunga cotta e l’enorme scudo, da poco tornato dalla recente battaglia. “Tu non capisci, non sei in grado di capire la gravità di quello che è accaduto!”

“Un giorno di questi te la farò pagare cara questa insolenza e neanche Lugburz potrà impedirmi di tagliarti la gola! Che cosa è successo? Parla!”
“Un tark! Uno stupido uomo è riuscito a fuggire!”
“Ti riferisci allo scontro di questa mattina? A dire il vero mi è sembrato che più di un codardo sia scappato a gambe levate…”
“Sapevo che non avresti capito... Uno di quei cani è scappato verso le caverne, è andato da Lei!”
“E quale sarebbe la tua preoccupazione? Lei non teme nessuno!”


Gorbag sputò un insulto incomprensibile. “Da troppo tempo la cibiamo con carne di orchetto, temo che, vedendo della carne prelibata, possa perdere il controllo e restare sopraffatta dal lurido tark... quel cane era armato di tutto punto…”
Shagrat si fece una grassa risata. “Stupido Gorbag! Credi forse che Lei sia uno dei tuoi codardi orchi?”
A sentire queste parole, Gorbag avvicinò la mano all’elsa della spada, ma uno dei suoi compari fu più lesto e con un balzo si avventò su Shagrat. Il perfido capitano lo lanciò gambe all’aria col solo scudo e in un attimo fu sopra a quell’insolente, tenendogli lo scudo sul collo. “Radbug! Lurido verme! Ti dimostri ogni giorno sempre più fedele al tuo padrone! Sappi che dopo che avrò sistemato lui, tu sarai il prossimo!” 
La tensione era alta nel cortile interno. Molti sguainarono le spade. Poi una voce strisciante e funesta ruppe il silenzio.
“Capitano Shagrat, forse dovremmo andare a controllare. Lugburz tiene molto a Lei... se dovesse succederle qualcosa…”
Shagrat esitò un attimo. Lanciò un ultimo grugnito sbavante su Radbug e si sollevò dal corpo di quello, tenendo ancora un piede sul suo collo. “E va bene Snaga, ti darò retta.”
Shagrat liberò definitivamente Radbug: questi subito si rialzò e corse verso Gorbag.
“Allora partiremo adesso, andremo in pochi, non si tratta di niente di pericoloso. Io e Gorbag vi guideremo. Snaga tu vieni con me, Radbug seguirai il tuo padrone. Muzgash e Lagduf, affido a voi il comando della torre e il controllo sui topi Morgul. Se vedete tornare solo Gorbag e il suo fido servo, uccideteli tutti.”
Un uruk della schiera di Shagrat si fece avanti e parlò con voce subdola. “Mio Capitano, vorrei unirmi al vostro gruppo, per sincerarmi delle condizioni…”
Shagrat lo interruppe bruscamente. “Silenzio Ufthak! Verrai con noi... risparmiami le tue parole... sappi però che per Lei sei solo un lurido orchetto come tutti.”
Dopo aver pronunciato queste parole, i cinque si misero in marcia. Attraversarono il cortile interno, passarono in quello esterno e si lasciarono alle spalle i due Guardiani di pietra. Si diressero verso le grotte dove riposava Lei. Fra quelle strette gole degli Ephel Duath, si nacondeva un male antico, immortale. Era la dimora di Shelob, la figlia di Ungoliant la Grande. L’Occhio la teneva in grande considerazione e tutti la temevano.
Il gruppo giunse all’ingresso della grotta. Spesse ragnatele erano attaccate a tutte le pareti. “Fate attenzione a dove mettete i piedi…”, disse Ufthak, “lei ha sempre fame…”
Arrivarono infine in uno spiazzo più vasto. Qualcosa pendeva dal soffitto della grotta: un bozzolo. Al suo interno vi era qualcosa di vivo: completamente avvolto nella ragnatela, con i soli occhi liberi di vedere cosa stesse accadendo, c’era un uomo, un tark.
Shagrat si rivolse a Gorbag. “Visto? Nessun semplice tark può ferirla. Se un giorno dovesse accaderle qualcosa, allora sarà la fine anche per noi.”
Ad un tratto si udì un sibilo provenire dalle profondità della grotta. Gobrag aguzzo la vista e scorse piccoli punti luminosi che si avvicinarono, barcollarono e si spensero. “Shagrat, ora è meglio andare, prima di fare la stessa fine di quel cane tark.”
I cinque uscirono più lesti di quanto non fossero entrati. Nell’oscurità l’uomo riuscì a vedere delle luci, degli occhi forse, e udì un sibilo. L’ultima cosa che vide furono delle fauci sbavanti. Poi il buio.

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